Schumacher, Vettel svela il suo segreto: ecco come stanno le cose

Nei primi anni della sua carriera Vettel è riuscito ad esaudire il sogno di lottare in pista con Schumacher. Ma perché Michael era il suo idolo?

Tra i desideri di qualsiasi sportivo di alto livello figura senz’altro il confronto diretto con la persona che è stata d’ispirazione. Ecco perché per Sebastian Vettel non è stata una sorpresa trovarsi a fronteggiare Michael Schumacher, per lui un mentore e un amico. Ciò che al contrario desta stupore è come è avvenuto. Come se fosse destino che si verificasse.

Quando il quattro volte iridato approdò in F1, nel 2007, il Kaiser si era già ritirato. Poi però nel 2010 arrivò la chiamata di Mercedes che, rientrata nel Circus come costruttrice proprietaria di un team aveva bisogno di un riferimento esperto da affiancare al giovane Nico Rosberg.

Il sette volte campione del mondo F1 Michael Schumacher (ANSA)
Il sette volte campione del mondo F1 Michael Schumacher (ANSA)

E lì si creò l’occasione. Perfetta seppur fugace essendo durata fino al termine del 2012. Certo, non era più il cannabile di un tempo, spietato nei confronti degli avversari, ma è stata comunque una chance importante.

Battermi con lui non è mai stato qualcosa di surreale. A volte mi venivano dei flash relativi al passato trascorso assieme. Altre, quasi dimenticavo che si trattava della stessa persona che avevo ammirato da piccolo. Ciò perché per me era importante la persona, non le statistiche“, ha affermato al podcast Beyond The Grid.

Vettel stupefatto da Schumacher, quando è successo

Dunque, negli anni, i due hanno avuto modo di mettersi alla prova in frangenti e contesti differenti. Uno di questi è stata la Race of Champions, disputata quando appunto l’asso di Heppenheim correva per la Red Bull e Schumi per la Stella. Allora dovevano difendere i colori della Germania.

E fu esattamente durante quella manifestazione che Seb rimase a bocca aperta, per l’incredibile abilità dimostrata dal suo idolo di adattarsi ad ogni genere di vettura. “Anche se era per divertimento e non competizione, vederlo destreggiarsi su un kart e qualsiasi altra macchina era speciale. Era nettamente il migliore. Forse influiva la mia ammirazione, ma avevo l’impressione che nessuno fosse in grado di fare le stesse cose“, il suo ricordo emozionato.

Essendo sui circuiti un suo rivale, il 35enne ha fatto professione di furbizia e osservando i suoi movimenti, ha cercato di studiarli e carpire i segreti. “Quando si guarda un GP alla tv vedi tutto da lontano. Ma quanto poi hai l’opportunità di vivere negli stessi spazi cambia tutto. Su qualsiasi tipo di veicolo fosse, sembrava tutto naturale. Si respirava una sorta di rilassatezza“, ha proseguito il suo bel racconto relativo alla convivenza con uno dei grandi campionissimi del Circus.

Sempre a proposito di questa superiorità del suo connazionale, l’ex Aston Martin ha provato a spiegare meglio. “Io non mi sono mai guardato dal di fuori, ma osservando gli altri si riesce subito a capire chi è in difficoltà con la monoposto, le gomme o fatica ad interpretare il tracciato. Michael, anche se era in crisi, non pareva mai in tensione. Mai che apparisse come fuori controllo. E pure quando sbagliava un frenata, o faceva un errore e perdeva tempo, dava l’idea di avere tutto sotto controllo“, ha concluso lasciando un dubbio aperto. Ossia certe considerazioni siano fattuali o figlie del suo considerarlo un eroe d’infanzia.

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