MotoGP, Bagnaia erede di Valentino Rossi? L’esperto risponde

Pecco è vicinissimo alla conquista del suo primo mondiale in MotoGP, seguendo le orme del suo maestro Valentino Rossi. Ecco il pensiero di un grande conoscitore delle due ruote.

La MotoGP si avvicina all’epilogo finale di Valencia con il duello tra Francesco Bagnaia e Fabio Quartararo. I due centauri della classe regina sono distanziati da 23 punti e tutto lascia presagire, 13 anni dopo, un clamoroso passaggio di testimone da Valentino a Pecco. In Italia non si festeggia un mondiale dal 2009, anno dell’ultimo trionfo in Yamaha del Dottore. Un successo di un pilota italiano su una moto italiana non si celebra, invece, addirittura dai tempi di Giacomo Agostini. La Ducati è in fibrillazione in attesa di sollevare al cielo il torinese, dopo l’ultimo e l’unico riconoscimento iridato della sua storia, nel lontano 2007. In quell’occasione fu Casey Stoner a sconfiggere un Valentino Rossi al top della forma.

Valentino Rossi - Pecco Bagnaia (Ansa Foto)
Valentino Rossi – Pecco Bagnaia (Ansa Foto)

Dopo il ritiro del nove volte campione del mondo, la classe regina ha avuto un tracollo di ascolti, nonostante i tanti italiani in pista e la sfida mondiale accesissima. Si deciderà tutto all’ultima curva, con Fabio condannato a vincere la gara, mentre Pecco potrà amministrare un vantaggio cospicuo. La tensione si respira in ogni angolo d’Italia, in attesa della sfida di domenica a Valencia. A Napoli uno dei più grandi appassionati di moto corrisponde all’anagrafe al nome di Antonio Mellino, per tutti Agostino ‘o Pazzo. Nella città di Pulcinella, un ragazzino, negli anni ’70, si costruì una nomea, a colpi di gas ed impennate. Un funambolo che finì anche in galera. Agostino ‘o Pazzo è un libro di storie ed analogie che si perdono in un occhio azzurro nostalgico dei tempi che furono.

Ai microfoni di MOW si presenta per quello che è ed è stato per i napoletani. “Ero solo un ragazzino che ci sapeva fare con le motociclette – ha raccontato Agostino ‘o Pazzo – Non sono mai stato un delinquente, meno che mai un filosofo della ribellione. A me piacevano le moto e basta. Passavo le ore a montare, rismontare, limare travasi e luci di scarico. Ce l’hai presente la passione quando ti divora? Quando non c’è altro che vuoi fare e non ha senso niente se non l’impulso che senti dentro come una forza a cui non puoi, ma neanche vuoi, resistere? Ecco, le motociclette per me erano quella cosa lì”. Una passione che noi proviamo a raccontarvi ogni giorno, attraverso il nostro punto di vista. Antonio Mellino ha vissuto anni splendidi sul piano della libertà di espressione.

Non chiedermi se avessi una Gilera, una Benelli o una Ducati, perché la verità è che le avevo tutte. Nel senso che i freni potevano essere di una, il blocco motore di un’altra, la forcella di un’altra ancora. Oggi ci sono le Cafè Racer, o special come le chiamate voi, ma nessuno s’è inventato niente, qua in quegli anni erano tutte Cafè Racer! Si metteva insieme la moto e via a provarla. Partivo e davo tutto il gas che potevo. E se mi annoiavo allora impennavo o provavo qualche numero. Jack Miller in MotoGP e quel Toprak in Superbike non si sono inventati niente; durante le famose ‘quattro nottate di Napoli’, circa cinquemila persone scesero in strada per vedermi scappare dalla polizia. Non facevo male a nessuno”, ha aggiunto l’esperto campano.

Il pensiero su Valentino Rossi

Tutti i ragazzi che hanno guidato moto hanno fatto qualche scorribanda da giovanissimi. Lo stesso Valentino Rossi, nove volte campione del mondo, ha raccontato di aver iniziato con gli amici a Tavullia tra funambolismi e gare nel Paese. “Le corse? Le seguo, anche se penso che i piloti di adesso sono dei mezzi automi programmati per gestire elettronica piuttosto che per guidare anche con la fantasia – ha aggiunto Agostino ‘o Pazzo – ho conosciuto anche Valentino Rossi e probabilmente è stato l’ultimo di un certo modo di essere pilota. Sono innamorato pazzo delle moto italiane, le italiane hanno qualcosa in più e è innegabile, e speriamo in questo Bagnaia, perché una Ducati campione del mondo ci vuole proprio. Una moto italiana, che sia Ducati, Aprilia, Guzzi, Mv o quello che vuoi, la riconosci da lontano, una moto italiana è bella anche da vedere e da ascoltare”.

La storia del funambolo campano è, davvero, da film. Dopo aver lottato per sfuggire dalla polizia e l’arresto, divenne successivamente un istruttore di guida proprio per la polizia di Stato. Il suo motto rimane sempre lo stesso “La velocità è l’arte della frenata”. L’eccessivo uso dell’elettronica delle moderne MotoGP non è apprezzato dai piloti stessi e forse sarebbe giusto un passo indietro. Bagnaia non sarà mai Valentino Rossi, ma in questa annata ha interpretato meglio di chiunque l’evoluzione dei moderni bolidi della classe regina.

Impostazioni privacy