Miller, la fine del sogno dell’erede di Stoner: addio alla Ducati amaro

Proprio a casa sua, in Australia, Miller è finito fuori dai giochi per il Mondiale. Un sogno durato poco ma che è il simbolo della sua storia.

In Australia la MotoGP ha vissuto uno dei weekend più esaltanti della stagione. E c’era da scommetterci che lo sarebbe stato, soprattutto perché il Mondiale è agli sgoccioli e la lotta per il titolo ancora apertissima. La gara alla fine si è rivelata una battaglia quasi da Moto3, con almeno 6 piloti che potevano vincere la corsa e alla fine l’ha spuntata Alex Rins su Marc Marquez, i due che nel gruppetto di testa forse avevano più fame per ambire alla vittoria, chi per un motivo, chi per un altro. Bravo è stato Pecco Bagnaia a gestire le ultime fasi, conscio che con l’uscita di scena di Fabio Quartararo c’era solo da portare a casa il podio e non andare oltre per sciupare l’occasione.

Jack Miller (ANSA)
Jack Miller (ANSA)

Oltre al campione del mondo in carica però ad uscire con il morale sotto i tacchi dal weekend di Phillip Island però ci sono anche altri piloti. A partire da Aleix Espargarò, ancora una volta nella top ten ma non capace di stare fino alla fine con i migliori. E per uno che vuole lottare per il titolo è un vero problema, ma la matematica ancora non ha escluso l’Aprilia e lo spagnolo. C’è chi però c’è finito sul serio fuori dalla battaglia per il Mondiale ed è Jack Miller, che con le ultime corse era incredibilmente spuntato fuori, portando a 5 il gruppetto dei pretendenti a diventare campione 2022. E invece proprio il fine settimana di casa è stato indigesto per l’australiano della Ducati.

Miller, la parabola del campione mancato

I podi a Silverstone e in Austria, poi la delusione di Misano superata con la top-5 di Aragon ma soprattutto la vittoria a Suzuka e il secondo posto in Thailandia avevano riportato in alto Miller, tanto che con il rallentamento (ma non troppo) di Quartararo era rientrato anche lui nel novero dei piloti che potevano giocarsela. L’australiano, fido scudiero di Bagnaia, ha improvvisamente smesso i panni del compagno di box per indossare quelli del rivale che a sorpresa può sparigliare le carte del Mondiale ma, ancora una volta, è rimasto a bocca asciutta, stavolta però non per colpe sue.

L’aria di casa sembrava averlo bloccato invece che gasato. Poi però in gara Jack c’ha messo del suo, recuperando posizioni e mettendosi alle spalle di Pecco, in attesa di capire che ruolo avrebbe potuto recitare nella fase conclusiva della gara. Guardando poi lo sviluppo, di sicuro Miller avrebbe potuto vincere, ma il botto con Alex Marquez ha messo fine bruscamente ai suoi sogni di gloria.

Una botta più dolorosa per l’anima che per il corpo dell’australiano, perché davvero ci credeva nella possibilità di fare qualcosa di clamoroso. Anche Davide Tardozzi aveva aperto a questa clamorosa opzione, sempre che questa foga di arrivare davanti non danneggiasse anche l’altro suo pilota o li mettesse in una condizione di pericolo. Ma a dire il vero l’epilogo, seppur triste e “traumatico”, era quello che ci si aspettava. Perchè a dirlo era la storia recente di Miller.

Arrivato lo scorso anno nel team ufficiale con Bagnaia, Jack ha subito fatto capire, come la Ducati, che era lui il leader, quello su cui puntare. Forse in maniera errata si è creata una grande aspettativa sull’australiano, che sulla Rossa di Borgo Panigale doveva essere l’erede di quel Casey Stoner, suo connazionale, che aveva portato l’unico titolo piloti della storia in MotoGP alla scuderia. Le aspettative erano tante nei suoi confronti, perché lo stile di guida ricordava a tanti quello di Casey. Ma la testa, a dire il vero, è ben altra cosa.

Le vittoria in sequenza a Barcellona e Le Mans sembravano aver dato la svolta al pilota, che però poi non è riuscito più a contenere il compagno di box, che weekend dopo weekend si è presa la leadership del team e non l’ha più lasciata. Ben presto Miller si è dovuto accontentare del ruolo di comprimario o di scudiero, che non gli si addice. Anzi, quando è stato chiamato in causa a fare “il suo dovere”, molto spesso ha deluso. Solo in rare occasioni ha mostrato il suo talento, ma per il resto ha patito notevolmente la sua condizione all’interno del team, con la spada di Damocle dei risultati e di un contratto annuale (proprio come Bagnaia) che lo ha destabilizzato.

Le ultime settimane sono state un fuoco di paglia, ma quanto accaduto in Australia fa male, perché è stata l’ennesima evidente occasione per ribadire che Miller non è adatto ad altissimi livelli. E che in Ducati ha perso davvero una grande occasione per il salto di qualità. Che magari arriverà in KTM, dove le pressioni sono giustamente inferiori. Ma rimarrà sempre quella macchia di non aver capito pienamente il suo potenziale e aver sfruttato la grande opportunità che gli ha dato un grande team.

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