Vinales in Yamaha: doveva essere l’anti Marquez, la scommessa è fallita

Il rapporto tra Vinales e la casa giapponese si chiude dopo cinque stagioni condite da pochi alti e tanti bassi. E pensare che all’esordio si parlava dell’anti-Marquez

Vinales saluta in pit lane durante il Gp d’Olanda (Photo by Mirco Lazzari gp/Getty Images)

Dopo cinque stagioni si chiuderà l’esperienza in Yamaha per Maverick Vinales. Arrivato come nuovo fenomeno capace di poter rompere l’egemonia di Marc Marquez, lo spagnolo dice addio alla casa giapponese senza aver mai lottato veramente per il titolo iridato.

Vinales-Yamaha, un’avventura che prometteva scintille

E pensare che al suo arrivo in Yamaha nel 2017, erano in tanti a credere che potesse essere il nuovo crack del motociclismo. La vittoria a Silverstone l’anno prima e il quarto posto nel Mondiale con una Suzuki sì in crescita ma ancora distante dalla concorrenza avevano fatto pensare a Vinales come a un nuovo giovane fenomeno che aveva solo bisogno del mezzo adatto per esplodere definitivamente.

Già dai test si dimostrò velocissimo con la M1, tanto che lo stesso Valentino Rossi, suo compagno d’avventura, sembrava esserne sorpreso. Poi l’esordio in Qatar, non semplicemente vincente ma chiuso da dominatore assoluto. La replica qualche settimana dopo in Argentina. Sembra essere arrivato il nuovo Marquez. E invece il ritiro in Texas e il sesto posto a Jerez riportano tutti sulla terra.

A Le Mans e al Mugello arrivano una vittoria e un secondo posto che lo rilanciano prepotentemente in classifica, ma lo spagnolo invece comincia a far vedere quello che è il suo peggior difetto: si accende e spegne con troppa frequenza. Manca la regolarità. Chiuderà la prima stagione in Yamaha con altri tre podi ma anche tante delusioni. E, a vederlo adesso, il 2017 è stata la sintesi perfetta della sua esperienza con la M1. Ma la giovane età e l’esordio con una nuovo moto facevano comunque ben sperare per il futuro.

2018-2021, sempre in bilico tra gioia e rabbia

Peccato che poi quanto di bello visto nel corso della prima annata in Yamaha non si sia più ripetuto. Nel 2018 il primo podio arriva al terzo appuntamento iridato, in Texas. Un secondo posto a cui seguono soltanto due terzi posti tra Assen e Sachsenring, mentre nel finale di stagione, dopo l’ennesimo podio in Thailandia la soddisfazione di conquistare la vittoria a Phillip Island, che però non cancella l’amarezza per un’annata comunque storta.

L’anno successivo un debutto tra i peggiori, con un settimo posto come miglior risultato dopo tre gare. Ed ecco arrivare le prime lamentele vere nei confronti della Yamaha per una M1 che non lo asseconda. Oltre a un’insofferenza per il vicino di box che, a suo dire, non permetterebbe uno sviluppo univoco della moto. A Jerez il primo podio, mentre ad Assen la vittoria che sembra farlo uscire dal periodo più buio con Yamaha. A Sepang, al penultimo Gp, si ripete, ma in mezzo qualche podio alternato a weekend nell’anonimato. Nonostante ciò è terzo nel Mondiale.

Il 2020, anno anomalo per via della pandemia che scombina il calendario iridato, sembra essere l’anno buono per il rilancio definitivo, vista anche l’uscita subito dai giochi di Marquez. Ma i due secondi posti tra Jerez e Stiria non sembrano sortire l’effetto sperato. Così come la vittoria a Misano 2. Lui e Quartararo, i favoriti, mollano di schianto, colpa anche di una M1 in chiara crisi tecnica. E la seconda parte di stagione è un vero strazio. È qui forse che il rapporto tra Vinales e Yamaha si va ad incrinare in maniera quasi irreparabile.

Il resto è cosa nota: un 2021 cominciato col botto e con la speranza che la paternità lo abbia forgiato anche nel carattere, ma proseguito come suo solito con una serie di insuccessi, culminati nell’ultimo posto al Sachsenring. La famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso e che ha sancito la chiusura di una storia d’amore mai nata tra Vinales e la Yamaha.

Rimpianto Suzuki?

E viene da chiedersi, visti i risultati della Suzuki, se non abbia fatto un salto troppo affrettato nel 2017 scegliendo di puntare su Yamaha. A dire il vero però i fatti parlano chiaro: la M1 in quel momento era la moto più versatile, l’unica capace di poter impensierire la Honda. E la Suzuki non era che una lontana parente di quella vista nel 2021.

Rimanere con la Suzuki sarebbe stato un azzardo per un pilota ormai in rampa di lancio. Erano troppi i punti a favore per un suo futuro con la M1. E allora fece bene lo spagnolo a scegliere questa avventura. la verità è che entrambi hanno deluso. Da una parte la Yamaha, che non ha più trovato il modo di far crescere una moto potenzialmente da Mondiale, dall’altra un Vinales che non ha mai guidato sopra le difficoltà di un mezzo che molto spesso ha sofferto problemi di setting, mollando mentalmente proprio quando invece c’era da insistere.

Ora però le strade sono destinate a dividersi a fine stagione. Ed è un bene per Vinales, che ha seriamente rischiato di perdere se stesso. Non per la Yamaha, che sa di aver lasciato andare via un potenziale campione. Che però, anche per colpe sue, non è mai sbocciato.

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Maverick Vinales (getty images)
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