Dani Pedrosa è stato il pilota più sfortunato della storia della MotoGP. Sul suo cammino si è trovato Valentino Rossi, Jorge Lorenzo e come teammate Casey Stoner e Marc Marquez.
Quando ti trovi difronte i tre piloti più importanti della storia della MotoGP non puoi far altro che riconoscere il loro talento. Pedrosa non si è mai tirato indietro e ha avuto numeri da campionissimo, nonostante la presenza contemporanea in pista di fuoriclasse. Era un’epoca d’oro per il Motomondiale e non solo per le lotte tra Stoner, Lorenzo, Marquez e Valentino Rossi. Le moto avevano meno elettronica e c’era più libertà di azione e di parola.
Senza questa ipocrita amicizia tra i piloti attuali, i centauri dell’epoca si sfidavano senza esclusioni di colpi. C’era un odio sportivo che, in alcune occasioni, diventava il sale sulla pasta la domenica a ora di pranzo. Gli italiani si sono appassionati al Motomondiale per i trionfi di Biaggi, Capirossi e Valentino Rossi, ma con il tempo sono emersi i primi alfieri spagnoli fenomenali. La scuola iberica ha portato in auge campionissimi come Lorenzo e Marquez, ma il primo vero enfant prodige fu Pedrosa.
Cresciuto sotto l’ala protettiva di mamma Honda, Dani arrivò alla classe regina già con l’etichetta del Predestinato. Per molti era il nuovo Valentino Rossi, ma non aveva né lo stile né la personalità del centauro di Tavullia. Lo spagnolo era velocissimo, ma peccava nei corpi a corpi. Inoltre, nel corso della sua carriera venne segnato dagli infortuni gravi.
La confessione di Dani Pedrosa sui campioni della sua generazione
Il rider della Honda ha avuto la sfortuna di nascere nel periodo storico sbagliato. Qualche anno dopo e avrebbe potuto collezionare molti più riconoscimenti. In ogni caso ha vinto 54 gare e ha calcato 153 podi. Rimane una leggenda assoluta del motociclismo. Nel suo cammino si è trovato anche un Jorge Lorenzo, più giovane e determinato.
“Con Lorenzo è stata tutta un’altra storia – ha annunciato Dani – Da piccoli, nel campionato spagnolo, avevamo già una rivalità forte. Jorge aveva una qualità di percorrenza bestiale e anche una frenata molto aggressiva e in quei momenti era difficile da battere. E poi aveva un’altra cosa positiva: un ottimo apprendimento. Per esempio, all’inizio ero forte in partenza e lui no. Dopo con gli anni si è migliorato molto, anche su altri aspetti: si allenava a fare meglio il primo giro, a essere più forte sul bagnato”.
Ospite a MigBabol, Pedrosa ha raccontato come ha vissuto quegli anni con i fantastici 5 in MotoGP. “Valentino Rossi aveva questa aura che non avevano in tanti. Ti poteva battere in pista, ma delle volte non aveva bisogno di farlo, ti poteva battere anche fuori”, ha chiosato Pedrosa.