Automobili e privacy: i dati raccolti sono davvero troppi

In una società oramai dominata dal digitale, in tanti si pongono giustamente delle domande sulla privacy e sul trattamento dei propri dati raccolti dalle diverse aziende. Una regola simile vale anche nel settore automotive, che di certo non è esente da queste problematiche. Vediamo dunque di approfondire questa tematica.

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Le automobili raccolgono tantissimi dati

L’avanzamento tecnologico ha trasformato le auto in vere e proprie centraline mobili, capaci di raccogliere, elaborare e trasmettere una quantità enorme di informazioni. Questi dati provengono da una varietà di sensori e sistemi di bordo progettati per migliorare l’esperienza di guida, la sicurezza e l’efficienza. Di contro, sorge una certa preoccupazione riguardante l’implicazione che tutto ciò potrebbe avere sulla privacy degli individui che utilizzano questi veicoli.

I sistemi telematici, dei quali parla anche l’articolo di ExpressVPN su come le auto raccolgono i nostri dati, hanno un ruolo preponderante. Di norma la raccolta dei dati, in tal senso, avviene tramite la scatola nera, che registra continuamente inviando alla società assicurativa una serie di informazioni. Si parla ad esempio dell’entità delle frenate, dello stile di guida nel suo complesso e molto altro ancora. A cosa servono questi dati? Aiutano le aziende di assicurazioni a definire il profilo di rischio dell’automobilista.

Per non parlare poi dei sistemi che utilizzano il GPS e altri sensori, per fornire servizi utili come la navigazione e gli aggiornamenti sul traffico in tempo reale. In sintesi, si parla di device che registrano in modo dettagliato la posizione e i movimenti del veicolo. Questi dati, se non vengono adeguatamente protetti, possono rivelare informazioni personali come i luoghi visitati da un individuo, le sue abitudini quotidiane e persino il suo stile di vita.

Allo stesso modo, i sistemi di infotainment moderni si collegano spesso a smartphone e altri dispositivi personali. Grazie ad essi possiamo usufruire di servizi come lo streaming musicale, le chiamate in vivavoce e via discorrendo. Siccome ogni informazione captata e registrata viene stipata in un server, in caso di un attacco hacker andato a buon fine i nostri dati finirebbero nelle mani sbagliate. Ma anche le aziende del settore automotive hanno le loro responsabilità.

Che fine fanno le informazioni raccolte?

La raccolta di alcuni dati da parte delle automobili può essere giustificata, in quanto risulta utile per migliorare l’esperienza di guida, la sicurezza e l’efficienza. Non a caso, da luglio 2024 tutte le auto dovranno installare la scatola nera e gli ADAS. Di contro, si configurano una serie di rischi, alcuni dei quali dipendenti dalle politiche delle case automobilistiche. Secondo alcuni studi di settore, infatti, l’84% delle aziende automotive vende o condivide i dati raccolti attraverso questi sistemi con società terze.

Questo aspetto solleva questioni etiche e di sicurezza non trascurabili, perché non sempre gli utenti sono consapevoli o d’accordo con tale pratica. Le informazioni potrebbero finire a disposizione di compagnie di assicurazione, fornitori di servizi di marketing e altre entità interessate a profilare i consumatori per scopi commerciali.

Un problema che viene acuito anche dalla mancanza di una normativa chiara e completa che si focalizzi esattamente su tale questione, come spiega anche questo articolo di AgendaDigitale. Al centro di tutto si trova il già citato consenso che, purtroppo, viene spesso dato per scontato dalle società automobilistiche. E, di conseguenza, anche la vendita di queste informazioni diviene automaticamente “autorizzata” dagli utenti, quando invece alle volte non è così.

Ci sono alcune case automobilistiche che stanno muovendo dei passi in avanti, da questo punto di vista. Certi marchi, infatti, permettono all’utente di negare la raccolta dei dati, ma partendo da una premessa: se ciò accade, alcune funzionalità della macchina potrebbero risentirne. In alternativa, per impedire questa raccolta massiva, è possibile rinunciare alle auto connesse o limitare quanto più possibile l’utilizzo dei propri dati personali. Un altro esempio concreto, che vale anche quando si naviga dal PC? Rinunciare a condividere la propria posizione, per evitare la geolocalizzazione in real time.

Conclusioni

È chiaro che le automobili moderne, attraverso questa raccolta capillare di dati, possono far sorgere più di un dubbio agli automobilisti interessati a difendere la propria privacy. Da un lato abbiamo il fattore comfort e la possibilità di personalizzare una serie di aspetti tramite tali tecnologie. Dall’altro lato, però, le informazioni estratte dalle società automotive spesso sono al centro di politiche poco chiare all’utente, come la condivisione o la vendita.

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