La Ferrari continua a pagare dazio a causa di una power unit depotenziata. I guai sono presenti sin dallo scorso anno e non c’è soluzione.
In casa Ferrari si raccolgono i cocci dopo una stagione deludente, nonostante fosse partita sotto i migliori auspici. L’ultimo biennio era stato sacrificato per presentarsi al via con una monoposto competitiva, e risuonano come una beffa le parole di John Elkann al Mugello, nel settembre del 2020, quando affermò: “Nel 2022, grazie ai nuovi regolamenti, vogliamo aprire un ciclo vincente, ed essere forti sin da subito per vincere il mondiale“.
La prima parte della promessa del presidente era stata rispettata, ma come al solito la Rossa si è poi sciolta come neve al sole. Charles Leclerc aveva fatto sognare la squadra ed i tifosi con le dominanti vittorie arrivate in Bahrain ed in Australia, prima che la Scuderia modenese fosse travolta dall’uragano chiamato Max Verstappen.
C’è da dire che la Rossa è stata molto competitiva fino all’estate, con i primi sviluppi che avevano funzionato alla grande, anche se l’affidabilità e le folli strategie avevano compromesso i sogni di gloria di Leclerc e Carlos Sainz. Dal Belgio in poi, purtroppo, è scomparsa anche la performance, un segnale drammatico in chiave 2023.
La Ferrari è stata sicuramente penalizzata dalla TD39, che ha imposto un lieve rialzamento delle monoposto e nuovi controlli sul pattino del fondo, area in cui la vettura progettata da Enrico Cardile aveva fatto la differenza nelle prime gare. Mattia Binotto continua a ripetere sin dalla fine di agosto che il crollo prestazionale non è dipeso dalla direttiva tecnica, ma è evidente che lo fa per non ammettere l’ennesima, umiliante sconfitta politica.
Purtroppo, all’interno della Gestione Sportiva regna l’anarchia, ed i problemi del passato non vengono affrontati e risolti da troppo tempo. Tanto per fare un esempio, la questione della gestione gomma è un caso da tanti anni, ma si continua a soffrirne, a causa di uno schema sospensivo ormai troppo vecchio, che non consente una gestione accorta degli pneumatici, vero vantaggio della Red Bull di oggi.
Tra i gravi guai di questa macchina c’è anche la power unit, le cui rotture hanno costretto Leclerc e Sainz a gareggiare con potenze ridotte per tutta la seconda parte del campionato. Con sole tre unità propulsive utilizzabili durante la stagione, quello del motore è stato una tegola non da poco sulle ambizioni dei due “Carli”, i quali hanno dovuto affrontare sulla loro pelle tutte le problematiche che si erano registrate già in inverno al banco.
Ferrari, il motore è diventato un caso
Dei problemi di affidabilità della power unit Ferrari, denominata Superfast per la stagione 2022, si parla ormai da circa un anno. Nel finale della scorsa stagione era stato montato sulla vecchia vettura un nuovo sistema ibrido, che avrebbe dovuto fare da laboratorio per quest’anno, con risultati tutto sommato molto positivi.
Nelle prime gare del campionato, Charles Leclerc e Carlos Sainz si sono potuti permettere di gareggiare con una power unit depotenziata per via di una superiorità netta sul fronte telaistico, ma già ad Imola si è capito che la Red Bull era tornata fortissima anche su quel fronte e che non si poteva battagliare con un motore troppo sgonfio.
La Ferrari si è così presa il rischio di aumentare la potenza, con risultati purtroppo disastrosi. Sia a Barcellona che a Baku sono arrivate due pesanti rotture, maturate nel momento in cui Leclerc stava dominando la scena. Un vero e proprio inferno di fiamme ha costretto al ritiro Sainz in Austria, proprio quando stava per maturare una splendida doppietta per il Cavallino, a casa della Red Bull.
Dunque, un progetto su cui si era lavorato con grande anticipo rispetto ai rivali si è trasformato in un fallimento colossale, che può causare seri problemi anche in chiave 2023. A Maranello non sono riusciti a risolvere i guai motoristici in un anno intero, in cui sono consentiti interventi volti a migliorare l’affidabilità. I tifosi iniziano così a chiedersi quello che sarà il destino del prossimo campionato, visto che anche sul fronte telaistico non si partirà con il vantaggio tecnico di marzo scorso, a meno di miracoli durante l’inverno.
L’unica certezza è che si tratterà dell’ultima occasione per la gestione di Mattia Binotto. Tra poco, infatti, inizierà la quinta stagione con l’ingegnere di Losanna nel ruolo di team principal, e sino ad ora sono maturate sette misere vittorie di tappa ed una valanga di delusioni. I tifosi continuano ad ingoiare bocconi amari, così come i piloti, i cui contratti scadranno solo tra due anni. Il rinnovo si fa sempre più lontano.