Purley, il miracolato che sopravvisse all’incidente più pauroso della F1

Poche soddisfazioni nel Circus, anzi. Purley è ricordato per la tragedia di Roger Williamson e per quello schianto incredibile a Silverstone

David Purley in pista nel 1979 (Photo by Bob Martin/Getty Images)

A metà luglio si correrà a Silverstone. Un appuntamento molto atteso, visto che ci sarà la prima volta della gara sprint. Un nuovo primato che verrà stabilito dal circuito inglese. Ma non molti sanno che proprio lì nel 1977 un altro record fu stabilito. E protagonista fu David Purley.

Purley e la F1, tra paure e disgrazie

Il suo nome, ai più, suonerà davvero sconosciuto. Ma Purley è comunque entrato nella storia della F1. Anche se in maniera drammatica. Arrivò nel Circus dopo anni di gavetta. In F3 batteva spesso un tal James Hunt, non uno qualunque. O finiva davanti a un altro mostro sacro come Niki Lauda.

Il debutto arrivò nel 1973, con la March. Ma più che per la velocità verrà ricordato per il fatto che fu lui a lanciarsi tra le fiamme per cercare di salvare il compagno di marca e amico Roger Williamson intrappolato nella sua vettura in fiamme al Gran Premio d’Olanda dopo essersi ribaltato. Purley non esitò due volte a soccorrere l’amico, prendendo ance un estintore per spegnere le fiamme. Immagini strazianti, perché l’inglese non riuscì a salvare Williamson, ma fece di tutto per liberarlo. Ma, una volta capito che non c’era nulal da fare, si lasciò andare alla disperazione più totale. Un gesto umano di chi, con un atto di eroismo, tentò di salvare una vita senza riuscirci. E per questo gesto fu decorato anche con una medaglia al valore, la George Medal.

Tre anni dopo però toccò a lui vedere la morte in faccia. E sul circuito di casa, quello di Silverstone. È in pista con una sua creazione, che ha chiamato LEC, come l’industria paterna. Durante le prove, alle curve Beckett’s l’acceleratore rimane bloccato. E arriva a 180 chilometri all’ora verso un muretto. Lo schianto è incredibile: in sessantasei centimetri decelera da 180 a 0 km/h, in pratica una forza di 179.8 G. Si tratta della decelerazione più violenta mai misurata.

Ma Purley è d’acciaio. Si rompe sì 29 ossa, subirà ben 6 arresti cardiaci nel trasporto all’ospedale, ma sopravvive incredibilmente. E tornerà anche a correre, per poco, anche se non più in F1. La sua Lec, quella dell’incidente di Silverstone, oggi è esposta al museo di Donington gestito dall’ex manager di Roger Williamson. Ed è impressionante: è praticamente poco più lunga di un go-kart. Per capire da dove venne estratto ancora vivo il pilota britannico.

Una vita sempre al limite, conclusasi però in tragedia

Ma la vita di Purley è sempre stata costellata da episodi al limite dell’incredibile. Da giovanissimo, il padre lo mandò a Londra per lavorare da un demolitore, ma lui poi si arruolò nelle Coldstream Guard, corpo speciale dell’esercito di Sua Maestà, specializzato in azioni estreme. Era nei paracadutisti. E già allora dimostrò di essere un tipo d’acciaio e dal sangue freddo.

Una volta, durante una esercitazione, il suo paracadute non si aprì. Purley precipitava inesorabilmente ma ebbe la prontezza di afferrare l’istruttore cadendo nel vuoto e di restargli attaccato sino a terra. Una volta poi, mentre era in un campo delle Ardenne, il mezzo blindato su cui si trovata saltò su una mina. Erano in sette al suo internò, morirono in sei e lui fu l’unico sopravvissuto. 

Lui se ne andò però nel 1985, proprio il 2 luglio, mentre era alla guida di un aereo acrobatico, un monomotore biplano Pitts Special: precipitò nel mare al largo di Bognor Regis. L’ultimo episodio di una vita incredibile. Una vita sempre al limite.

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David Purley (Photo by J. Wilds/Keystone/Hulton Archive/Getty Images)
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