Mercedes dà una lezione preziosa, che la Ferrari dovrebbe imparare

Il dominio in pista della Mercedes nasce dalla sua organizzazione. E la Rossa forse, dopo anni di flop e polemiche, sta cominciando a seguirne l’esempio

(Photo by Clive Mason/Getty Images)

A Imola sarà ancora una volta una lotta tra Mercedes e Red Bull. Una battaglia a cui la Ferrari ormai da stagioni difficilmente fa parte. Le macchine migliori sono quelle motorizzate Honda e Mercedes al momento, con Maranello costretta a inseguire, in tutti i sensi. Perché il dominio non è solo tecnico.

Mercedes, la forza sta nell’organizzazione

Per arrivare a un dominio così lungo ci vuole tanto lavoro alle spalle. Mercedes domina dall’inizio dell’era turbo ibrida. Dal 2014 è solo lei a vincere. E il merito è non solo di avere un gruppo di lavoro con elementi tra i più validi nei rispettivi settori, ma anche quello di aver creato un gruppo dove ognuno sa cosa fare. Si chiama organizzazione, cosa che ti permette, una volta ben rodata, di cambiare gli interpreti senza però perdere in qualità.

Il caso di James Allison è l’emblema di tutto questo. Sarà lui infatti, l’ex Ferrari, il nuovo Chief Technical Officer (CTO) della Mercedes a partire dal 1° luglio 2021. Un ruolo che gli permetterà di concentrarsi sulle prossime sfide future mentre la gestione tecnica quotidiana passerà a Mike Elliott, in Mercedes dal 2012 e promosso quattro anni fa al ruolo di direttore della tecnologia. Dunque cambiamenti programmati, senza rivoluzioni che possono sconvolgere il gruppo, ma crescita costante al suo interno.

“Diciamo spesso come questa sia un’organizzazione dinamica e dobbiamo adattarci in continuazione se vogliamo davvero crescere. La programmazione efficace della successione è stato un punto di forza di questa squadra”, ha detto proprio recentemente Toto Wolff. Ed è proprio la rappresentazione di quanto in Mercedes si sia costruito un giocattolo quasi perfetto, che ha portato meritatamente ha una serie di titoli impressionanti.

Ferrari, confusione e tanti capri espiatori

Dall’altra parte della barricata, verrebbe da dire, le cose non sono andate esattamente così. E pensare che l’era Todt-Schumacher non è così distante. E invece sembra essere passata un’eternità. Montezemolo riuscì a mettere a capo di tutto Todt, che diede il via a una profonda ristrutturazione della scuderia Ferrari, che portò alla creazione di un gruppo di lavoro di altissimo livello, che vedeva in Schumacher e nel suo lavoro certosino in pista il punto finale.

Anche allora si puntò, come fa ora Mercedes, nel gruppo. Ma dopo l’addio del duo vincente non si è riusciti a mantenere lo stesso livello, lasciando fuori solo il titolo di Raikkonen nel 2007. Segno che qualcosa nel meccanismo si è inceppato. Tanti problemi, nuovi tecnici o team principal si sono succeduti negli anni, ma troppo spesso gli insuccessi hanno portato a repentini cambi, a volte senza costrutto, come a voler cercare semplicemente un capro espiatorio su cui scaricare la propria frustrazione invece che investire i propri sforzi nel creare una struttura capace di in maniera fluida, dinamica, con compiti chiari. Colpa anche forse di una presidenza poco attenta all’ambito organizzativo e più all’aspetto sportivo puro.

Che la svolta sia vicina in Ferrari?

Il 2021 sembra essere l’ennesima stagione “ibrida” della Rossa, che attende il 2022 con grande ansia per tornare grande. Ma per tornare a vertici (come abbiamo detto, Mercedes docet) serve non solo il progetto di una macchina vincente. E forse qualcosa si sta muovendo.

La Ferrari infatti a fine febbraio ha ridefinito la struttura organizzativa, con una diversa divisione dei compiti per rendere più efficiente la catena di comando e cominciare parallelamente a pensare anche al futuro. Ora vedremo se la strada sarà seguita in maniera decisa o ancora una volta, al primo problema, ci sarà l’ennesimo processo che porterà nuove teste a saltare e altre a subentrare. Ma la Rossa ha bisogno di stabilità, in tutti i sensi. Altrimenti il ritorno alla vittoria sarà sempre più lontano.

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