Mondiali di calcio in Qatar, una deriva in stile F1: tifosi inferociti

Il campionato del mondo di calcio 2022 che si sta svolgendo in Qatar ha generato tantissime polemiche. La sabbia qatariota, per mero business, ha già richiamato la F1 e la MotoGP, seppur non si rintracci alcuna cultura sportiva.

Soldi, cosa non si farebbe per soldi? La Coppa del Mondo più controversa della storia del calcio si sta svolgendo in Qatar tra morti sul lavoro, diritti calpestati e un finto sostegno sugli spalti. La scelta di disputare il Mondiale, in questo anomalo periodo dell’anno, lasciò tutti i fan a bocca aperta. Dodici anni fa, più precisamente il 2 dicembre 2010, si assegnarono i mondiali 2018 e 2022. Diversi Paesi europei, tra cui l’Inghilterra, la Spagna con il Portogallo, presentarono la loro candidatura, ma alla fine per l’edizione attuale il Qatar sbaragliò la concorrenza anche della Russia e degli Stati Uniti.

Mondiali di calcio Qatar ed F1 (AdobeStock-LaPresse)
Mondiali di calcio Qatar ed F1 (AdobeStock-LaPresse)

In molti, considerate anche le enormi distanze e l’assenza di stadi, iniziarono ad avere dei sospetti di corruzione. Lo stesso Blatter, ai tempi al vertice della Fifa, ammise: “La scelta del Qatar è stata un errore”. Se vi state chiedendo se dietro all’organizzazione ci siano degli uomini che hanno sconvolto il calcio europeo non vi state sbagliando. Tamim bin Hamad Al Thani, classe 1980, emiro del Qatar, e Nasser Al-Khelaifi, ex tennista con scarsi risultati, meglio noto per essere il Presidente del Psg, dell’Eca, di BeIn Sports hanno spinto per l’organizzazione nel Paese che confina a sud con l’Arabia Saudita. La Qatar Investment Authority, il fondo sovrano qatariota, nel 2011 ha acquisito il 70% del Psg per circa 50 milioni. Una cifra ridicola se paragonata agli investimenti fatti per accaparrarsi fenomeni come Cavani, Ibrahimovic, Neymar, Mbappé, Messi e tanti altri.

La Qatar Investments Authority si è espansa, acquistando quote della Borsa di Londra, di Credit Suisse, di Sony e di Volkswagen. Avete già intuito che con i soldi si può arrivare ovunque o si può portare la più grande competizione calcistica mondiale nel Golfo Persico. L’investimento in Qatar è arrivato a costare 220 miliardi di dollari. Una cifra impensabile se paragonata alle edizioni precedenti e che, in questo periodo di grave crisi economica, fa molto riflettere. Stadi avveniristici sono stati costruiti in tempi record, sfruttando poveri lavoratori. Secondo una indagine del Guardian, dal 2010 al 2019, sono deceduti sul lavoro almeno 6.500 immigrati da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka. Nonostante fosse prevedibile che migliaia di persone sarebbero cadute in un sistema di lavoro infame, con temperature a oltre 40 gradi e orari disumani, la macchina qatariota ha continuato a girare, in barba ai diritti umani.

Tantissime persone sono finite in una trappola, con passaporti ritirati dai datori di lavoro, o sarebbe meglio dire di schiavitù, in un tentativo estremo di sportswashing, sfruttamento dello sport per ripulire l’immagine di un Paese. Dal nulla sono stati messi in piedi stadi, strade, un aeroporto, una metropolitana, un centinaio di hotel per quella che sarebbe dovuta essere una festa dello sport. In Qatar l’omosessualità è considerata illegale, punibile con il carcere, e Human Rights Watch ha denunciato arresti e maltrattamenti ai danni della comunità Lgbt+. Sotto accusa persino le fasce arcobaleno dei capitani delle nazionali, vietate nella competizione.

Giudicate voi le parole di Gianni Infantino, presidente Fifa, alla vigilia del primo match dei Mondiali: “Oggi mi sento del Qatar. Oggi mi sento arabo, africano, gay, disabile, oggi mi sento un lavoratore migrante. Sono un figlio di lavoratori migranti. Da bambino in Svizzera mi bullizzavano perché avevo i capelli rossi, ero italiano e non parlavo bene il tedesco. Oggi sono orgoglioso della Fifa e del Mondiale, che sarà il più bello di sempre. Come la Svizzera a poco a poco è diventata un esempio di integrazione, così sarà il Qatar. Il Qatar offre possibilità a centinaia di migliaia di immigrati e lo fa in maniera legale. Noi in Europa chiudiamo le frontiere, creiamo stranieri illegali. L’Europa dovrebbe fare come il Qatar, creare condizioni legali per i lavoratori stranieri. Certo, le riforme hanno bisogno di tempo. Ma chi è qui in Qatar da lavoratore straniero ha tutta l’assistenza, anche sanitaria“.

Qatar, dalla F1 ai Mondiali

Di valori sportivi si parla poco o nulla, come già è accaduto in occasione di alcune gare del campionato del mondo di F1, volute per un fattore di business in quelle aeree. Se l’obiettivo era rilanciare l’immagine dei Paesi del Medio Oriente, si può serenamente dire che è già un fallimento epocale. Sono avvenuti fatti di una gravità inaudita in quegli Stati e tutto andrebbe fatto tranne che premiarli con ulteriori eventi. In un mondo che va a rotoli è il Dio denaro a comandare e allora spazio a finte feste dello sport e del motorsport.

A Losail, realtà messa in piedi negli anni 2000, si sono svolti GP di F1 e MotoGP. C’è una novità in merito al calendario 2023. Luoghi, privi di cultura sportiva, ma che hanno acquisito un ruolo di primissimo piano. Inoltre i Mondiali di ciclismo 2016, i Mondiali di atletica 2019, i Mondiali per club 2019 e 2020 vinti da Liverpool e Bayern, hanno avuto luogo in stadi bagnati dal sangue di migliaia di persone schiavizzate. Se questo è il futuro sarebbe meglio fare un passo indietro. Il Qatar pensa di aver vinto, ma in questa storia hanno perso tutti.

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