Ferrari, sarà rivoluzione nel 2023? L’amara verità su Binotto

La Ferrari si appresta a concludere l’ennesima stagione senza titoli, e la gestione di Mattia Binotto è sotto accusa. Ecco i motivi.

In casa Ferrari non può che esserci grande delusione per la stagione 2022 ed il suo deludente epilogo. Il Cavallino andrà in vacanza dopo il Gran Premio di Abu Dhabi con la consapevolezza che il sogno di rivincere i titoli mondiali è svanito per l’ennesima volta, a causa di errori imperdonabili che però non sembrano poter portare a delle rivoluzioni interne.

Mattia Binotto (ANSA)
Mattia Binotto (ANSA)

Nel 2018, Maurizio Arrivabene venne allontanato dalla Gestione Sportiva per molto meno, dopo soli quattro anni nel ruolo di team principal. L’attuale uomo chiave della Juventus aveva portato la Rossa a giocarsi a lungo due titoli mondiali, nel biennio 2017-2018, con Sebastian Vettel che dovette poi arrendersi a Lewis Hamilton ed alla Mercedes.

Errori dei piloti e problemi di affidabilità furono fatali alla Ferrari, che però diede l’impressione di potercela fare sotto la guida di Arrivabene, salvo poi dover alzare bandiera bianca proprio sul più bello. La gestione dell’ex boss della Philip Morris portò alla conquista di 14 vittorie in quattro anni, 13 con Vettel ed una con Kimi Raikkonen, ma ciò non fu sufficiente per consentirgli di conservare il posto.

Nel gennaio del 2019, come un fulmine a ciel sereno, venne annunciato che Mattia Binotto, all’epoca direttore tecnico, sarebbe diventato il nuovo team principal, ricoprendo due cariche nello stesso momento. I test invernali di quella stagione lasciavano presagire ad un’annata molto positiva, che poi si rivelò un flop con sole tre vittorie conquistate nonostante le tantissime pole position.

A questo punto, tutti si stanno ponendo alcune domande sulla gestione dell’ingegnere di Losanna, che oltre a delle lacune gestionali sul fronte della squadra, non ha doti comunicative adatte per spiccare dal punto di vista politico. Il discorso Red Bull-Budget Cap ha portato Binotto ad usare toni più duri, ma non è stato sufficiente per portare la FIA ad usare il pugno di ferro contro il team di Milton Keynes.

Nel 2019, la Rossa venne pesantemente punita per il discorso power unit con l’accordo segreto, i cui dettagli non sono mai stati rivelati pubblicamente. Per quel fattaccio, il Cavallino è stata costretta a due anni di inferno nel biennio scorso, in cui non arrivò neanche una vittoria, uno dei punti più bassi della storia della casa di Maranello.

Il digiuno è stato spezzato con il trionfo di Charles Leclerc in Bahrain nel mese di marzo, ma le quattro vittorie ottenute sin qui in questo 2022 non sono di certo sufficienti per giustificare l’ennesima sconfitta mondiale. Negli anni scorsi, sia Binotto che John Elkann avevano parlato di apertura di un ciclo grazie ai nuovi regolamenti, ma purtroppo nulla di tutto ciò è accaduto.

Ferrari, la gestione di Mattia Binotto è sotto accusa

In occasione del Gran Premio d’Italia, il presidente John Elkann ha rinnovato la fiducia a Mattia Binotto come team principal della Ferrari, facendo però intendere che i troppi errori commessi nel 2022 non dovranno mai più ripetersi. Quanto accaduto sul fronte strategico e dell’affidabilità ha minato gli obiettivi della Scuderia modenese, rendendo la gestione dell’ingegnere di Losanna una delle peggiori di sempre.

In quattro anni, sono arrivate appena sette vittorie, e c’è da rimarcare che nessuno aveva fatto peggio nel passato più recente. Dal 2008 al 2014, Stefano Domenicali portò a casa un mondiale costruttori, e Fernando Alonso sfiorò due titoli piloti, persi all’ultima gara contro la Red Bull di Sebastian Vettel.

Maurizio Arrivabene, come detto, seppe riportare una Ferrari che era al collasso a degli ottimi livelli, anche grazie alla spinta del compianto Sergio Marchionne, mentre con Binotto sono arrivate soltanto delusioni. Ovviamente, è giusto riconoscergli che ha consentito al Cavallino di effettuare un balzo in avanti notevole sul fronte tecnico dallo scorso anno al 2022, ma occorre porre l’attenzione su un altro aspetto.

I regolamenti, in questa stagione, sono stati del tutto rivoluzionati, e non c’era alcun gap da ricucire su Red Bull e Mercedes se non sul fronte motoristico. Il team di Milton Keynes ha comunque sfoderato una RB18 che equivale ad un missile, e che con gli sviluppi ha nettamente allungato sulla Rossa, che sul fronte degli upgrade paga dazio dai rivali da oltre un decennio.

Andando avanti così, un mondiale sarà davvero un miraggio in futuro, senza dimenticare che dal 2026 arriverà anche l’Audi, che dal punto di vista politico potrebbe farsi molto valere. Per i tifosi della Rossa c’è l’impressione che ci sarà ancora da soffrire, perché pensare di competere con un gruppo di lavoro che ha sbagliato così tanto è davvero un sogno che difficilmente si realizzerà.

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