La Ferrari sta vivendo un’annata terribile, pur con una macchina che è sempre stata veloce. Ora emerge un dato che mette i brividi.
Il sogno di vedere una Ferrari campione del mondo per la prima volta dopo un decennio e mezzo è durato appena due mesi. Il Cavallino aveva iniziato la stagione in maniera eccezionale, con due vittorie, due pole position ed un secondo posto per Charles Leclerc ottenuti nelle prime tre gare.
In quel momento, dopo il successo in Australia ottenuto con un margine di oltre venti secondi sulla Red Bull di Sergio Perez, la Rossa ed il monegasco sembravano imbattibili, con Max Verstappen staccato di ben 46 punti nel mondiale piloti e proveniente da due ritiri nelle prime tre gare.
Da Imola in poi, la Ferrari ha iniziato la sua discesa verso il baratro. Al team di Milton Keynes è bastato un gran pacchetto di sviluppi per chiudere tutto il gap, piazzando una devastante doppietta a casa del Cavallino ed avviando la rimonta. A due mesi esatti dal GP del Bahrain che ci aveva regalato questa grande illusione, Verstappen e la RB18 sono saliti in testa alle due classifiche iridate in Spagna, nel giro del primo motore in fumo per Leclerc.
In seguito, partendo da Monte-Carlo, sono iniziati anche i problemi e gli errori strategici, che hanno portato Charles a conquistare solo due podi dopo Miami, con la vittoria in Austria ed il mesto terzo posto di domenica scorsa a Zandvoort. Il momento è davvero terribile, ma almeno, sino all’Ungheria, c’era la consapevolezza di avere una monoposto competitiva, che ora è divenuta terza forza, lontana anni luce dalla Red Bull e superata anche dalla Mercedes.
In tutto ciò c’è ovviamente lo zampino della nuova direttiva tecnica, la TD39, introdotta in Belgio, con Mattia Binotto e soci che non hanno battuto i pugni, accettando una vera e propria condanna a morte. Va detto che in tutto ciò sono sotto accusa anche gli sviluppi, insufficienti rispetto alla concorrenza, che non ha mai smesso di lavorare, ricostruendosi un certo margine sulla Rossa. E da ora in avanti sarà un calvario, a partire da Monza.
Ferrari, il confronto con il 2019 è da mani nei capelli
La gestione di Mattia Binotto come team principal della Ferrari è cominciata nel 2019, con l’ingegnere di Losanna che subentrò a Maurizio Arrivabene nel mese di gennaio. La SF90, la monoposto di quella stagione, dominò i test invernali di Barcellona, e sembrò la più seria candidata al titolo.
Tuttavia, in Australia, le Mercedes dominarono la scena, con Max Verstappen terzo sulla Red Bull. Le Rosse di Sebastian Vettel e Charles Leclerc si beccarono un minuto, finendo ben lontane dal podio. Il team di Brackley piazzò otto vittorie consecutive ad inizio stagione, chiudendo i conti mondiali già dopo tre gare.
La Ferrari riuscì a crescere da Spa-Francorchamps in poi, e dominò totalmente il mese di settembre con le vittorie di Leclerc in Belgio ed Monza, mentre Vettel guidò la doppietta del Cavallino a Singapore. Tra strategie errate e problemi di affidabilità, quella vettura perse molte vittorie possibili, ma di certo non era al livello della F1-75 di qeust’anno.
Eppure, un confronto statistico fa ben capire quanto sia stata negativa la gestione della prima F1 ad effetto suolo prodotta dalla Rossa in questo nuovo ciclo tecnico: tre anni fa, dopo 15 gare, la Scuderia modenese vantava il secondo posto nel mondiale costruttori con 394 punti, ben 18 in più rispetto ad oggi. Leclerc ne aveva 200, solo uno in meno rispetto a quelli che ha messo in cascina in questo 2022.
Il confronto è davvero impietoso, e rende bene l’idea dell’incompetenza generale che questo gruppo di lavoro ha mostrato sino ad oggi. Eppure, Binotto ha già detto a più riprese che non ci sarà alcun cambiamento per il prossimo anno, come se tutto andasse già a gonfie vele. E gli avversari se la ridono.