Hamilton è una furia: ecco cosa non hanno fatto i team di F1

In rimonta in campionato, Hamilton però è molto attivo anche fuori dalla pista. E bacchetta il mondo della F1 per una sua iniziativa.

Dopo mesi complicati, Lewis Hamilton ha forse cominciato a vedere la luce in fondo al tunnel. Ed è strano dirlo per uno che ha vinto sette mondiali di F1. Il GP di Abu Dhabi, atto finale del Mondiale 2021, lo ha colpito profondamente. Una chiusura di anno davvero atroce, con una beffa che nessuno si aspettava, tantomeno lui. Dopo settimane di silenzio l’inglese però si è ripresentato nel paddock, carico per dare di nuovo l’assalto al titolo, che lo farebbe entrare ancor di più nella leggenda di questo sport. Ma la doccia fredda era dietro l’angolo: infatti la Mercedes W13 si è dimostrata non all’altezza e solo ora, dopo mesi difficili, sembrano arrivare i primi miglioramenti. E a Silverstone, la gara di casa, c’è stato il primo vero squillo per l’asso britannico.

Lewis Hamilton (ANSA)
Lewis Hamilton (ANSA)

Hamilton che però non è solo ed esclusivamente un pilota. E’ soprattutto un uomo che, vista la sua visibilità, non perde occasione per essere d’aiuto dal punto di vista delle cause civili. Infatti in più di una occasione è stato protagonista di campagne per i diritti, in particolare delle minoranze. Ed è su questo ora che è sorta l’ultima polemica che lo riguarda.

Hamilton e la rabbia nei confronti della F1

L’inglese della Mercedes non è nuovo quindi a campagne umanitarie particolari. E’ lui che ha spinto affinchè la F1 promuovesse Black Lives Matter nel 2020 in favore della comunità di colore. Ma Hamilton, sulla scia di questo, ha creato una nuova iniziativa chiamata Mission 44, che ha lo scopo di aiutare e tutelare soprattutto i giovani facenti parte delle minoranze, non solo etniche, sia in ambito scolastico che in ambito lavorativo.

Ma proprio su questo ultimo progetto Lewis sta incontrando più difficoltà del previsto, e si è detto molto deluso della F1 e in particolare di diverse squadre, che non hanno firmato la carta che promuove questa sua iniziativa. Parole che sono arrivate dopo l’ennesimo caso di razzismo nei suoi confronti, che hanno visto protagonista un ex F1 come Nelson Piquet. Proprio in quell’occasione. Hamilton ha ribadito come voglia vedere le azioni, non solo le parole, e ha invitato le squadre a firmare una carta che aumenterebbe l’inclusione dei tanti gruppi di minoranza.

“Non per suonare come un disco rotto, ma penso che la responsabilità sia importante – ha detto il sette volte campione del mondo -. E non ce l’ho solo con la F1, anche con le vostre aziende. Dobbiamo assicurarci che prendano tutti posizione e che sia data a queste persone un’opportunità. Vogliamo che le persone siano in grado di essere se stesse nel nostro spazio. Sulla griglia parlano di tutta l’inclusività e di tante altre cose, direi, ma sono semplicemente parole vuote se poi non rispondiamo con i fatti“.

Questo è un business in crescita, ci sono più soldi, i team stanno facendo più soldi di quanti ne abbiano mai fatti prima e continueranno a crescere così facendo. Non sono a conoscenza di tutti gli altri fondi che sono stati destinati alla diversità e all’inclusione, ma sono disposto a scommettere che non è tanto quanto abbiamo già messo e stiamo pianificando di investire”, ha tuonato Hamilton. “Sono stato in contatto con tutti i team di F1 che hanno tutti accettato di far parte di questa iniziativa ma ancora non c’è stata alcuna firma“.

Ad oggi però è arrivato solo il sostegno di alcuni suoi colleghi come Pierre Gasly, Charles Leclerc o Yuki Tsunoda. Ma ora la F1 passerà davvero dalle parole ai fatti?

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