Lutto terribile in casa Honda: è una vera tragedia per il team di MotoGP

Un lutto terribile ha colpito la Honda e tutta la MotoGP. Una brutta notizia arrivata come un fulmine a ciel sereno in casa HRC.

Carlo Murelli non c’è più. Nativo di Piacenza, il tecnico ha trascorso buona parte della sua vita a Roma, dove si era trasferito nel 1963. Simbolo dell’era rampante delle due ruote tra gli anni ’70 e ’80 verrò ricordato anche per un’esclusiva.

MotoGP, Honda (AdobeStock/LaPresse)
MotoGP, Honda (AdobeStock/LaPresse)

Fu lui, l’unico rappresentante del Vecchio Continente a seguire da vicino la nascita della Honda NR500 a pistoni ovali per il dipartimento HSC in seguito diventato HRC. Il progetto, in realtà, non ebbe il successo sperato, ma per il classe ’34, le ragioni non stavano nella mancanza di competitività delle idee, quando nel regolamento penalizzante.

Era una moto di straordinario potenziale“, raccontò una volta analizzando le mancanze dell’opera visionaria. “Ma avviare a spinta un motore con una corsa così corta e una coppia così alta era assai difficile, spesso impossibile contro i propulsori a due tempi che s’avviavano in maniera autonoma. Quando la NR finalmente partiva, gli avversari erano già scomparsi oltre la prima curva. E’ stata comunque la progenitrice di tutte le attuali quattro tempi MotoGP“, aggiunse con orgoglio.

Al debutto nel 1979 sul tracciato inglese di Silverstone con Takazumi Katayama e Mick Grant, la NR500 si distingueva dalla concorrenza per l’enorme peso. 150 kg, addirittura 20 in più rispetto alle varie Suzuki o Yamaha. Rivista più volte in termini di chassis e unità motrice, vide il colosso nipponico sborsare cifre record per il motorsport dell’epoca. Nell’evoluzione passò dai 110 ai 130 cv utilizzando tre tipi di distribuzione. L’erogazione della potenza avveniva tramite carburatori a ghigliottina. Un sistema che non aiutava di certo in uscita di curva.

Partendo da quell’esperienza durata 3 anni, il costruttore asiatico nel 2002 produrrà la vincente RC211V.

Chi era Murelli e cosa ha fatto per la Honda

Rubando un termine inglese potremmo dire che Carlo è stato un “self made man”, un po’ come Ron Dennis in F1. Partito dal basso, negli anni ’70 riuscì a diventare capo officina alla Samoto, affidando a Tommaso Piccirilli e Gianni Pellettier delle Honda 400 e 500 davvero degne di note. A fronte di queste sue capacità, l’azienda gli affiderà lo sviluppo della 125 endurance. Quindi il passaggio nell’HRC dal ’79 al 1983.

Carlo Murelli e Marc Marquez al Mugello nel 2018 (Honda Repsol HRC witter)
Carlo Murelli e Marc Marquez al Mugello nel 2018 (Honda Repsol HRC witter)

A conferma del suo valore, Freddie Spencer lo volle fortemente in America per lavorare sulla NR, quindi si affiancò a Marco Lucchinelli, appena andato via dalla Suzuki, per dedicarsi alla NS2 tre cilindri.

Nel 1984 il passaggio al Diapason con Giacomo Agostini, non lascerà mai veramente il mondo delle corse anche dopo il pensionamento. Anzi, rimarrà piuttosto attivo in occasione delle manifestazioni dedicate alle motociclette storiche.

Piuttosto benvoluto dall’ambiente verrà ricordato come un figura romantica delle competizioni. Animato da una grande passione, ma soprattutto non timoroso di sporcarsi le mani, oltre che capace di intendersi di tutto, la sua vita tra bielle, bulloni e ammortizzatori, è stata ben lontana da quelle di oggi in cui ognuno di occupa di un solo specifico pezzetto.

Colpito da una grave malattia, da mesi era ricoverato in una clinica di lungodegenza.

Una delle sue ultime apparizioni nel paddock data 2018 al Mugello, dove non mancò di farsi fotografare assieme a Marc Marquez.

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