Roger Williamson, 48 anni fa quell’incendio mortale che scioccò la F1

Era il 29 luglio del 1973 quando al settimo giro del GP Williamson uscì di pista e morì carbonizzato nella sua March. Solo il collega Purley cercò di salvarlo

L’auto di Roger Williamson dopo il rogo (Photo by Central Press Photos/Hulton Archive/Getty Images)

Era il 29 luglio 1973 e in Olanda, a Zandvoort, trovò la morte in un rogo assurdo Roger Williamson. Il pilota inglese, originario di Leicester, aveva 25 anni ed era un astro nascente della F1. Ma la sua carriera, così come la sua vita, finì nel modo più terribile e assurdo. Una morte evitabile, perché da quel rogo poteva salvarsi, se gli interventi fossero stati tempestivi.

Gli esordi di Williamson e quel precedente del primo GP

Una carriera brillante quella di Williamson, che stupì tutti già nei go-kart, per poi continuare con successo nella Formula Ford britannica nel 1971 e 1972. In Gran Bretagna mise addirittura la sua March numero 14 in 22esima posizione. Ma la sua prima gara in F1 fu molto breve.

Il pilota inglese infatti venne coinvolto nella mega carambola al secondo giro, innescata da Jody Scheckter, e costata la carriera in Formula 1 ad Andrea de Adamich. Fortunatamente, Williamson ne usci senza conseguenze, ma quel botto fu il prologo di quanto invece avvenne poco dopo a Zandvoort.

Una morte assurda che solo Purley cercò di evitare

A Zandvoort Williamson cercava il riscatto. Il circuito olandese tornava in calendario in Formula 1 dopo un anno d’assenza dovuto a opere di asfaltatura e messa in sicurezza del tracciato. L’inglese si piazzò 18esimo in qualifica e la gara prometteva bene, ma il suo GP durò soltanto 7 giri.

Un pneumatico si sgonfiò all’improvviso e la sua March finì contro un terrapieno cappottandosi e prendendo fuoco. Williamson era rimasto bloccato all’interno dell’abitacolo e i soccorsi non arrivarono. Tutti guardavano impotenti le fiamme avvolgere la vettura del britannico e l’unico che tentò di intervenire fu David Purley, compagno di marca ma non di scuderia di Williamson, che si fermò immediatamente per prestare soccorso al collega.

I commissari di percorso invece non fecero nulla, se non guardare impotenti il rogo, visto che non avevano i mezzi per intervenire. Riuscirono solo a segnalare agli altri piloti di rallentare. Purley invece intervenne strappando dalle mani di un commissario l’unico piccolo estintore presente a bordo pista, mentre un’autobotte, scherzo del destino, era praticamente ferma in curva poco più avanti ma non potendo procedere contromano dovette fare il giro dell’intero tracciato, arrivando solo 8 minuti dopo, quando la tragedia si era ormai consumata.

Roger Williamson morì asfissiato e carbonizzato nella sua March, sotto lo sguardo di migliaia di tifosi e di un Purley disperato per non essere riuscito a salvarlo. Il suo corpo fu estratto dai rottami della vettura solo a fine gara, senza che la gare subisse alcuno stop. Una tragedia assurda, che portò a un cambiamento radicale sotto l’aspetto della sicurezza nel Circus. Perché una cosa così non doveva più accadere. E così fu.

Williamson (sulla sinistra) nel 1971 (Photo by Norman Quicke/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)

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