Senza tanti giri di parola la nuova proprietà indiana ha spiegato che la KTM non può più permettersi il lusso di produrre moto nel Vecchio Continente.
La crisi della Casa di Mattighofen ha portato a conseguenze devastanti. La vicenda KTM l’abbiamo seguita giorno per giorno, ora per ora, offrendovi diversi spunti di riflessione, punti di vista diversi, sul quasi fallimento totale di un’azienda storica e sulla nuova acquisizione da parte di Rajiv Bajaj, major indiano.
Lasciamoci il passato alle spalle e scopriamo insieme le dichiarazioni di Bajaj rilasciate all’emittente radio CNBC-TV18. La questione per il marchio austriaco è diventata sempre più delicata. In MotoGP il team non ha ottenuto i risultati sperati, nonostante un dream team, mentre sul lato commerciale i bilanci sono calati.
L’ammissione su KTM
Con due dichiarazioni virgolettate, che racchiudono e sintetizzano un po’ la filosofia e la strada che KTM prenderà sotto la nuova gestione, è emersa una triste verità. “Primo – ha detto il boss indiano di Bajaj come riporto su Insella.it – dobbiamo restaurare il marchio, perché con il successo, purtroppo, si tende a disperderlo entrando in troppi segmenti, anche oltre quello principale. Questo porta a una proliferazione di versioni che complica tutto, dalla R&D alle officine dei concessionari“.

“La seconda cosa da fare è azzerare i costi. Per dirlo chiaramente: la manifattura europea è morta. L’industria, compresa quella delle auto, lo sa bene. È ovvio – hanno spiegato in Bajaj – senza usare mezzi termini che ci siano pressioni politiche e sociali che impediscono di spostare tutto fuori dall’Europa, ma guardiamo a Triumph: già 15 anni fa Mr. Bloor ha trasferito in Thailandia il 100% della produzione. Oggi ogni moto Triumph esce da lì o, più recentemente, dall’India. Se Triumph ha potuto farlo allora, perché non KTM?”
La situazione è delicatissima perché l’intera filiera produttive europea sembra compromessa. Purtroppo senza tanti giri di parole si pone l’accento sui numeri e i dati riportati nelle vendite, specificando che nel Vecchio Continente KTM fa fatica, ma in India il margine è superiore al 30%. Sembra inevitabile che tutto venga spostato fuori dai confini europei. Puntare il dito o sollevare una discussione contro le dichiarazioni rilasciate sarebbe sterile. E’ la storia contemporanea del motociclo che fa la lezione, il resto sarebbe un esercizio di stile. Come si dice il dado è tratto. Le osservazioni riportate potrebbero essere copiate ed incollate per la condizione di molte Case costruttrici europee. Spostare le produzioni oggi è una necessità di sopravvivenza per tanti produttori che si ritrovano a fare i conti con un’espansione del mercato asiatico con prodotti sempre più concorrenziali.