MotoGP in lutto: tragedia nel circus, se ne va un grande pilota del passato

La MotoGP è in lutto per l’improvvisa scomparsa di uno dei suoi protagonisti del passato. Un pilota che ha dato tanto a questo sport.

Lo hanno trovato privo di vita a causa di un infarto sul pavimento del suo ristorante Gli Alberi, situato a Calenzano, tra Firenze e il Mugello. Leandro Becheroni, si è spento all’improvviso portando con sé il ricordo di un’epoca trionfale per le due ruote italiane. Quella a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 quando Giacomo Agostini era i titoli di coda, mentre stavano arrivando personaggi del calibro di Barry Sheene,  Eddie Lawson, Randy Mamola Kenny Roberts, Freddie Spencer, e i connazionali  Franco Uncini, Marco Lucchinelli e Virginio Ferrari.

MotoGP (AdobeStock)
MotoGP (AdobeStock)

Dalle spiccate doti umane, si fece notare per il suo approccio tecnico alle gare. Costante da impazzire quando c’era da rincorrere il cronometro, cercava di non sprecare, né tantomeno di spremere troppo la moto e rischiare, in quanto sosteneva, tra il serio e il faceto, di non potersi permettere di spendere cifre astronomiche per le riparazioni, e neppure aveva voglia di finire all’altro mondo in anticipo.

Dunque un gran manico alla guida di Yamaha, Suzuki e Honda, ma intelligente e poco kamikaze.

MotoGP: il motociclismo piange, addio a Leandro Becheroni

Professionalmente era sbocciato tardi, a 27 anni nel 1977 quando si aggiudicò il suo primo titolo italiano juniores 500 in sella ad una Bimota SB1 creata con un amico lavorandoci di notte. Storie impensabili per uno sport oggi di fighetti. Forte di questo risultato, passò immediatamente alla 500 nel Mondiale prendendo parte nel mese di marzo dell’anno successivo al GP del Venezuela. Prova vinta da Sheene davanti ad Hennen e Baker, e che lo vide buon settimo.

La sua competitività gli valse un aumento dello stipendio, una vera manna per proseguire l’impegno europeo. E nel 1979 si mise in tasca pure il Tricolore Seniores 750, pur senza vittorie, e con soli secondi posti. Una condotta che non lo fece sentire in difetto, ma che anzi difese sostenendo che “è necessario risparmiare benzina e motore“.

Per la sua scrupolosità venne supportato dal Team Italia della Federazione Motociclistica Italiana (FIM). Un premio che lui ricambiò già nel 1981 dominando la prima edizione del Campionato Europeo Velocità 500, con pure due successi di tappa. Un esito clamoroso che lo portò ad ottenere la medaglia d’argento al valore atletico del CONI.

Dal 1982 al 1986 si attestò tra i protagonisti della classe 500 della serie iridata, pur se da parte bassa della top ten. In particolare si ricorda la settima piazza a San Marino nel 1984. Contento di far parte dei meno favoriti non potendo contare su una moto di primo piano, si paragonava ai vari  Walter Migliorati, Gianni Rolando, o Guido Paci.

Nel 1983 si mise in luce aggiudicandosi l’allora molto importante Campionato Italiano 500. Un’altra impresa non facile in un periodo in cui chi voleva competere doveva per forza fare un altro lavoro. Capitava inoltre spesso che i veterani si affiancassero alle nuove leve. Il figlioccio di Leando fu Alessandro Gramigni, in seguito diventato campione del  mondo 125.

Gli ultimi anni li ha passati nel suo locale, un bazar di racconti mitici, di storie di vita vissuta, di malinconie e risate, con chi quel motorsport nudo e crudo senza tanto denaro attorno lo aveva bevuto fino all’ultimo sorso. Molto più che semplice amarcord. Desiderio di far vibrare sempre ciò che non potrà mai essere spento.

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