Che fine ha fatto la Haas bruciata di Grosjean? Ecco la sua collocazione

A oltre due anni dal drammatico incidente del Bahrain, la monoposto distrutta dalle fiamme di Grosjean verrà esposta a pubblico. Ecco dove.

Da molti Romain Grosjean è considerato un miracolato e forse è proprio così. Basterebbe infatti tornare indietro di un ventennio per rendersi conto che nessuno, a quell’epoca, sarebbe uscito vivo da un incidente come quello occorsogli il 29 novembre 2020 sul circuito di Sakhir, in Bahrain, con l’auto spezzata a metà e per di più avvolta dal fuoco.

Il relitto della Haas di Romain Grosjean (LaPresse Foto)
Il relitto della Haas di Romain Grosjean (LaPresse Foto)

La grande sicurezza dei circuiti moderni, e i passi avanti in termini di solidità delle vetture attuali, hanno reso possibile che il ginevrino uscisse da solo dal groviglio e se la cavasse soltanto con qualche bruciatura.

Da quel giorno è cambiato un po’ tutto. La F1 è diversa, con l’introduzione delle wing car. E lui stesso ha stravolto la sua vita, partendo immediatamente per l’America, dove tuttora risiede correndo in IndyCar.

Anche se è passato del tempo, però, nella mente di tutti è ancora vivo il ricordo. E soprattutto sono presenti quelle immagini che tanto fecero spaventare gli stessi colleghi del pilota elvetico.  A caldo si gridò  “San Halo”, quell’archetto che disturba l’estetica delle monoposto, ma senza il quale non ci sarebbe stato scampo. E si esaltò l’ottimo telaio costruito da Dallara.

Ma se per tutti quella serata sembra ancora vicina, cosa ne pensa il diretto interessato?

L’auto di Grosjean verrà esposta

Commentando la decisione del Circus di mettere in mostra il relitto della sua Haas in una mostra dedicata alla serie il prossimo 24 marzo all’IFEMA di Madrid, il 36enne ha quasi minimizzato quanto ha dovuto subire.

Dall’abitacolo non mi sono reso conto dell’impatto o di quanto fosse stato forte“, ha dichiarato a Motorsport.com. “Solo successivamente, quando ho chiesto a qualcuno di mostrarmi i frame del sinistro, me ne sono reso conto. Mia moglie stava guardando quella gara con mio padre e i miei figli, e credo che non dimenticheranno mai quegli istanti“, ha proseguito soffermandosi sugli attimi d’ansia vissuti dai suoi cari, in balia di notizie che sembravano non arrivare mai.

In molti si sono chiesti, e forse continuano a domandarselo, come possa essersi liberato in solitario dalle cinture e dal groviglio di rottami.

Ho dovuto rompere il poggiatesta prendendolo a pugni e utilizzando il casco“,  il suo racconto. “Alla fine sono riuscito a far passare la testa e ad alzarmi sul sedile. A quel punto mi sono accorto che il piede sinistro era incastrato, per cui ho tirato più forte che potevo. La scarpa è rimasta lì, ma il piede si è sfilato e sono stato in grado di uscire“.

Il vero guaio è stato il carico che si portava la VF-20. Quello di benzina. Ben 120 kg, più la batteria. Un mix esplosivo che ovviamente si è incendiato.

Il dottor Ian Roberts, assieme ad Alan Van der Merwe della medical car e ad un vigile del fuoco hanno tentato di aprire un varco tra le fiamme per aiutarmi. E penso che sia stato decisivo perché lì ho capito dove orientarmi“, ha ripercorso quei momenti terribili. “La scocca ha retto bene, dunque non ho riportato ferite. E lo chassis è rimasto integro. In generale la cellula di sopravvivenza è ancora intera. Ed è ciò che mi ha salvato“, ha concluso grato e sollevato.
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