Progetto Red Bull sbagliato? Arriva l’ammissione di Verstappen

Per la seconda volta Verstappen si è laureato campione, ma a sorpresa l’olandese rivela di aver avuto ben altre sensazioni al via del 2022.

Considerate le sue 17 vittorie in 22 GP disputati, la RB18 potrebbe essere equiparata ad un missile. Se poi pensiamo che la Red Bull si è aggiudicata il titolo costruttori con 205 punti di vantaggio sulla Ferrari, il paragone calza ancora più a pennello. Eppure Max Verstappen, reduce dalla seconda stelletta in carriera, si sarebbe affacciato alla stagione con grandi dubbi.

Max Verstappen (LaPresse Foto)
Il pilota della Red Bull Max Verstappen (LaPresse Foto)

Il primo legato alla novità regolamentare. Non era scontato che la prima vettura ad effetto suolo prodotta da Adrian Newey avrebbe funzionato. In secondo luogo, non appena scattato il campionato non sono mancate le défaillance. E terzo, essendo la monoposto “grassottella”, avrebbe potuto soffrire sulla distanza.

Tutte preoccupazioni che, alla luce dei numeri di cui sopra, si sono rivelate infondate. In men che non si dica il reparto tecnico ha risolto le pecche in termini di affidabilità, così pure quelle di peso, permettendo al figlio d’arte di confermarsi sul tetto del mondo.

Verstappen a cuore aperto sui suoi timori

Parlando in esclusiva a RacingNews365.com, l’olandese si è soffermato su tutti gli interrogativi che popolavano la sua mente a inizio campionato.

La galleria del vento aveva dato indicazioni positive, ma gli altri potevano aver trovato qualche escamotage. In Bahrain, poi, quando abbiamo fatto la foto di inizio annata con tutte le macchine, mi sono guardato in giro e mi sono domandato se avevamo scelto la direzione giusta“, ha ricordato il 25enne.

In quella fase l’auto era troppo pesante e non riuscivamo a mostrare il nostro vero potenziale. Ma non appena abbiamo alleggerito la struttura, tutto ha preso a funzionare“, ha proseguito quasi con sollievo.

Uno dei principali fastidi delle nuove monoposto è stato il porpoising. Il saltellamento che ha mandato in crisi addirittura la Mercedes, la la squadra energetica ne è uscita indenne. Questo anche grazie alla sapienza del geniale progettista inglese che, con questo genere di fenomeno aveva avuto a che fare negli anni ’80 tra la IndyCar e le sportcar.

Da impaziente quale è, il #1 ha evidenziato come la ricerca di un modo per mettere a dieta la macchina, abbia rallentato il processo di evoluzione delle prestazioni. “Occuparsi di quella problematica è stato piuttosto costoso“, ha confidato. “Avevamo stilato un programma relativo agli aggiornamenti da inserire, ma alla fine abbiamo dovuto reindirizzare le risorse. Inoltre non è stato facile comprendere dove limare”.

Piani saltati, budget cap come monito e necessità di studiare prima di agire. Un mix di ostacoli che non erano stati previsti dalla compagine di Milton Keynes.

Scartata l’ipotesi che i due ritiri rimediati a Sakhir e in Australia potessero essere stati figli un un mezzo sovrappeso, Mad Max ha ammesso di essere stato sorpreso dai due ko. “Nei test invernali eravamo andati bene, quindi gli intoppi tecnici ci hanno stupito. E’ stato un peccato. In più non riuscivamo a capirne il motivo. Fortunatamente però, l’equipe ha risolto tutto rapidamente“.

Come per ogni cosa vi sono pro e contro. Di conseguenza, se le wing-car hanno da un lato reso le corse più spettacolari, dall’altro hanno rappresentato una bella sfida per i driver. La minor agilità rispetto alle sorelle maggiori. E la scarsa visibilità dell’asse anteriore.

Nei tratti ad alta velocità sono ottime e stabili, ma in quelli lenti il peso si fa sentire“, ha commentato perplesso sulla strada aperta dalla FIA che, sulla carta avrebbe dovuto favorire i ruota a ruota. “L’assetto è molto più rigido ed è qualcosa a cui ti devi abituare“, ha proseguito nell’analisi. “Personalmente al principio ho anche sofferto la ridotta altezza da terra. Non che avessi male alla schiena. Ma ha certamente comportato una modifica nel modo di guidare“, ha poi concluso la riflessione.

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