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Chi ha venduto l’Alfa Romeo alla FIAT? C’entra la politica italiana

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Chiara Rainis

Alfa Romeo è uno dei brand automobilistici più amati al mondo per il suo stile inconfondibile. Ma come è finita nella mani della FIAT?

Per scoprire come il marchio Alfa Romeo è diventato proprietà della FIAT bisogna andare molto indietro nel tempo. Nata a Milano nel 1910 come Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, sarà di proprietà dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale per un lunghissimo periodo, ovvero dal 1933 al 1986, anno in cui passerà nelle mani dell’azienda torinese, prima di essere integrata, nel 2014, dalla società FCA, oggi Stellantis.

Alfa Romeo (Ansa Foto)

Considerata una delle Case costruttrici più all’avanguardia al mondo, le sue produzioni faranno scuola sul fronte della tecnologia e del design. Oltre alle concept car, si distinguerà nei veicoli commerciali, nei mezzi pubblici, in quelli aeronautici e persino nei motori marini.

Nel momento di boom ha raggiunto i 29.000 dipendenti, spalmati nelle tre fabbriche di suo possesso, Arese, Portello e Pomigliano d’Arco.

Dal profondo cuore racing, si impegnerà in diversi categorie. Tanto che sarà proprio la scuderia del Biscione ad aggiudicarsi il primo campionato della storia dell’automobilismo. E suoi saranno i primi due sigilli nel neonato Mondiale di F1 nel 1950 e 1951. Nel 1975 e nel 1977 si distinguerà invece tra gli sportprototipi. Lo stesso Enzo Ferrari sarà un suo pilota.

Alfa Romeo, la storia, il passaggio alla FIAT

Appena nata la compagnia lancerà una vettura. Stiamo parlando della 24 HP, progettata da Giuseppe Merosi, che riscuoterà un immediato successo.  Fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale, le vendite andranno alla grande. Ma poi subentrerà la crisi. Il rilascio nel 1920 della 20-30 HP non farà migliorare la situazione finanziaria aziendale.

Il fallimento della Banca d’Italia Sconto sarà l’ennesima mazzata. Ad evitare la chiusura ormai prossima, però, ci penserà Benito Mussolini che, avendo individuato nel marchio un esempio di italianità da salvaguardare, farà di tutto per salvarla. E dunque rileverà le quote possedute dalle banche, facendola diventare statale.

Superata la Seconda Guerra Mondiale con le sue sfide grazie all’introduzione della catena di montaggio, nella seconda parte degli anni ’50 vivrà un momento di grande spolvero, con il debutto della Giulietta, modello destinato alla classe media.

Negli anni ’60 sarà il turno della Giulia GT, dall’imprinting sportivo. Nel 1966 invece verrà messo sul mercato il Duetto, una spider che andrà ben oltre i confini italiani convincendo anche gli States. Ma il vero botto lo farà la 33 Stradale, sebbene prodotta in poche unità.

Sempre in questo periodo verrà inaugurato il Centro Sperimentale, ovvero una pista di collaudo a Balocco, un tempo provincia di Vercelli, oggi di Biella.

Gli anni ’70 e ’80 saranno di nuovo difficili, con poche novità di peso lanciate. Al contrario tutte le nuove uscite saranno un rimescolamento di vecchie idee. Diventata più un problema che una risorsa, nell’86 Romano Prodi, allora premier italiano, deciderà di cedere la compagnia, ancora statale ad un privato.

Da lì partirà un testa a testa tra Ford e FIAT, con il gruppo italiano a spuntarla.  Con l’obiettivo di contenere i costi la meccanica fu assimilata a quella dei veicoli della nuova proprietà.

Il nuovo millennio riporterà in auge il brand di Arese che, sotto la direzione di Sergio Marchionne, farà sognare con la Giulia versione sportiva Quadrifoglio, e il suo primo SUV Stelvio. A febbraio 2022 sarà la volta di un’altra utilitaria, la Tonale. Nel 2018 ci sarà anche in rientro nel Circus, sebbene solo come partner commerciale della Sauber.

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Chiara Rainis

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