Binotto, arriva l’amara ammissione sulla Ferrari: ecco cosa manca

A sei GP dal termine Binotto guarda al passato con nostalgia e rivela cosa manca alla Ferrari di oggi rispetto a quella di un tempo.

Intervenuto al Festival dello Sport organizzato a Trento a La Gazzetta dello Sport Mattia Binotto ha fatto un bilancio della stagione finora non senza un velo di rammarico per la chance buttata alle ortiche.

Dopo aver predicato per buona parte del 2021 che questo sarebbe stato l’anno buono per la ripresa, la Ferrari si è effettivamente risvegliata dal torpore in cui versava, ma non quanto i tifosi sognavano. Quando ormai si è ad un tiro di schioppo dal gran finale di Abu Dhabi, la Rossa è sì seconda tra i costruttori, ma il gap dalla Red Bull è gigantesco.

Mattia Binotto (LaPresse Foto)
Mattia Binotto (LaPresse Foto)

 

Il punteggio dice infatti 406 punti contro i 545 degli energetici. E tra i piloti le cose non vanno meglio. Leclerc vanta 219 lunghezze contro le 335 di Verstappen.

Per come si era messo l’inverno possiamo definirlo un insuccesso vero e proprio. Tra il Montmelo e il Bahrain, in occasione dei test pre-campionato, la F1-75 aveva dato prova di essere una monoposto formidabile. Veloce. Efficace. Capace di fare la differenza. E la dimostrazione era stato il successo iniziale di Charles, proprio sul tracciato di Sakhir. Poi però, all’improvviso il meccanismo si è inceppato e il Cavallino è tornato ad essere quello che conosciamo. Falloso. In confusione. E inabile a sfruttare le occasioni. In pratica. Un disastro.

Questo era un Mondiale che solo la Scuderia poteva perdere. E così è andata. La differenza con gli energetici riguarda anche la rapidità di reazione. Se ai primi intoppi della RB18 Adrian Newey e soci si era messi immediatamente al lavoro per risolvere, nel box italiano non hanno fatto un granché. E ad oggi la vettura sviluppata nel modenese dà l’idea di essere debole. Anche più della Mercedes W13, partita non certo con il piede giusto.

Binotto svela il punto debole della Ferrari

Presente alla festa della rosea il responsabile del muretto modenese, ha con schiettezza confermato le problematiche della macchina, ma ha al contempo elogiato il suo organico, per il modo con cui ha saputo rialzarsi dopo almeno un paio di annate e nere, e i due piloti per il livello di prestazioni, nonostante anche da parte loro non siamo mancati gli errori. Alcuni pure grossolani ed evitabili.

A questo proposito, a chi gli domandava cosa fosse giusto pretendere di più da Charles e Carlos il dirigente non ha avuto dubbi o esitazioni: “Più vittorie“, ha sostenuto fermo, soffermandosi poi sulle solidità e i punti di forza della line-up attuale. “Lo dico e lo ripeto. Abbiamo la miglior coppia della F1. Tra di loro vanno molto d’accordo. Si aiutano a vicenda e contribuiscono a far crescere la squadra”.

Quando si discute il venerdì e il sabato dopo le sessioni su cosa sente uno o l’altro, c’è uno scambio aperto. Sincero“, ha cercato di far comprendere l’aria che si respira nel garage.  “Entrambi sanno che migliorare la nostra auto e la scuderia vuole dire fare passi avanti per battere gli altri”.

Pur razzolando male, il 52enne ha messo sul tavolo tutti gli sbagli che andrebbero evitati e che invece i rossi continuano a fare, alla faccia del perseverare è diabolico. “Non basta più fare bene i compiti”, ha scosso il suo gruppo. “Per vincere bisogna continuare a progredire. E per farlo dobbiamo dare il 120% se non il 130%”.

Veniamo da annate molto difficili, in particolare dal sesto posto del 2020. E’ stato un periodo che ci ha segnato perché abbiamo subito pressioni e critiche“, si è sfogato. “E in un certo senso ci ha formato. Avevamo promesso che saremmo tornati a essere competitivi e siamo stati di parola. Ciò che intendo, comunque, è che tra avere una vettura e dei corridori in grado di portare a casa sempre il risultato e concretizzare in ogni situazione c’è ancora da fare“, ha evidenziato le carenze che permangono nel team e che gli impediscono di sbloccarsi.

A Maranello dal 1995, l’ingegnere italo-svizzero, ha avuto l’opportunità di vivere a pieno l’era d’oro della squadra. Allora l’ultimo campionato conquistato portava la firma di Jody Scheckter, e per ritrovarlo bisognava riavvolgere il nastro fino al 1979. Con l’arrivo di Schumacher nel 1996, tutto però sarebbe cambiato.  Forte di due sigilli con la Benetton di Flavio Briatore, e di quel mix di talento, cattiveria agonistica, arguzia ed esperienza, il tedesco riuscì ad invertire la rotta.

A dargli una mano un gruppo di lavoro magnifico. Affiatato e con personalità geniali. Parliamo del progettista Rory Byrne, dello stratega Ross Brawn, del team manager Jean Todt e del presidente Luca Cordero di Montezemolo che, all’epoca seppe tenere compatte le forti individualità.

L’unione fa la forza e nel caso del Cavallino riporterà la corona dopo una lunga assenza. Qualcosa di insperato vissuto come un miracolo e tutt’ora ancora vivo nella mente non solo dei tifosi della Rossa, ma altresì di tutti gli amanti del motorsport. Che ricordano una sinergia mai più replicata.

Ed esattamente tornado a quei momenti così intensi, il tecnico ha voluto condividere le sensazioni provate quando Michael per la prima volta vince con la tuta più iconica del Circus in Spagna. “Quel pomeriggio quando cominciò a suonare l’inno realizzai cosa significa essere Ferrari. Poi però abbiamo cominciato a vincere i campionati nel 1999 e nel 2000“.

Da allora di acqua sotto i ponti ne è fluita parecchia, stravolgendo un po’ tutto e della top class di allora, non è rimasto più nulla. “I big hanno più che raddoppiato gli organici. In corsa ci sono dei veri e propri colossi per mezzi e risorse. Ma per questo sarà ancora più bello batterli!”.

Rispetto all’epoca di Schumi, anche in scuderia è cambiato molto. “Non abbiamo più quella mentalità vincente che c’era allora. E che ti spingeva a fare meglio dopo ogni vittoria“, ha dovuto ammettere facendo intendere di non sapere  come fare a recuperarla.

Ma quest’anno non sono mancate neppure le défaillance in termini di affidabilità. “A Barcellona e a Baku abbiamo avuto dei guai quando eravamo in testa“, ha chiosato Binotto amareggiato.

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