Una sala gremita a Roma, due collegamenti video da luoghi lontani, e un’idea semplice che torna potente: quando filiera, impresa e politica si parlano davvero, la rotta cambia. Qui non si discute solo di auto. Si decide come e dove costruire il prossimo pezzo d’Europa.
Anfia, Stellantis e Governo: Uniti per il Rilancio dell’Industria Automobilistica Europea
Il dibattito è acceso e concreto. Al centro, la scadenza del 2035 e il bando europeo ai motori endotermici per le auto nuove. È una norma già in vigore, fissata dal Regolamento (UE) 2019/631, che impone una riduzione del 100% delle emissioni di CO2 per le vetture immatricolate dal 2035 (fonte: EUR-Lex, eur-lex.europa.eu/eli/reg/2019/631/oj). Ma i dettagli applicativi restano in movimento. Si attende un pacchetto di regole integrative dalla Commissione europea; la data indicata in assemblea è metà dicembre, senza un testo ufficiale pubblicato al momento della stesura.
Il ministro Adolfo Urso è netto: libertà di scelta tecnologica e nessun palliativo. Con lui, un coordinamento con Berlino sulle richieste di deroghe. È un punto politico rilevante, dopo l’accordo 2023 sugli e-fuel che ha già ritagliato uno spazio per carburanti sintetici a emissioni nette quasi zero. Antonio Filosa, da Detroit, usa parole misurate ma chiare: per l’Europa serve «buonsenso» e neutralità tecnologica. Il fine resta ambientale e sociale insieme: qualità dell’aria, lavoro, accessibilità dei prodotti.
Il nodo del 2035 e la neutralità tecnologica
In assemblea, la filiera ha chiesto tempo e metodo. L’Anfia ricorda che la transizione va governata, non subita. Questo significa standard realistici, infrastrutture di ricarica diffuse, regole stabili per gli investimenti. E significa evitare che la produzione scivoli altrove. Qui stanno i riferimenti ai dazi e all’“industrial policy” americana, citati come esempio di pragmatismo. Non è un invito a chiudersi. È un invito a giocare la partita con strumenti simili.
Impegni industriali in Italia: Melfi e Mirafiori
Qui arriva il punto cruciale della giornata. L’unità di intenti tra Anfia, Stellantis e Governo si traduce in impegni misurabili. Filosa conferma che il gruppo ha avviato gli investimenti promessi in Italia: 2 miliardi di euro sugli stabilimenti, con focus sulla nuova Jeep Compass a Melfi e sul ritorno della Fiat 500 ibrida a Mirafiori. A questo si sommano gli acquisti dalla filiera: da 6 a 7 miliardi verso fornitori locali, secondo i dati condivisi in assemblea. Le tempistiche di avvio e i volumi non sono stati dettagliati pubblicamente; finché i piani industriali non saranno depositati, restano elementi in parte non verificabili nelle cifre di output. Ma la direzione è tracciata.
Sono segnali che contano. Perché l’auto è ancora un pilastro dell’industria automobilistica italiana: occupazione qualificata, ricerca, export. E perché il rilancio passa da scelte chiare su piattaforme, batterie, software, componenti. Qui la politica può incidere con incentivi mirati, iter autorizzativi rapidi, sostegno alla formazione. Il MIMIT ha già aperto tavoli e strumenti ad hoc (mimit.gov.it). La filiera chiede continuità e tempi certi.
Chi era in sala lo ha percepito: dopo mesi di frizioni, la burrasca tra Governo e Stellantis sembra alle spalle. Non per cortesia, ma per necessità. Il 2025 dovrà dire se l’autonomia strategica europea può passare da Torino, Melfi, Pomigliano, Termoli. O se altri decideranno per noi.
Mi resta un’immagine: un’officina che riaccende le luci all’alba. La porta si apre, l’aria è fredda ma pulita. Entra la prima scocca del giorno. Quale energia la muoverà fra dieci anni? E, soprattutto, chi avrà scelto di costruirla qui?





