Italia e Germania per salvaguardare l’industria delle quattro ruote hanno mandato una lettera alla Commissione europea.
Gli scenari di crisi del comparto elettrico stanno spingendo i principali Paesi a trovare delle soluzioni alternative. I burocrati del Vecchio Continente hanno spinto i produttori verso una strada insidiosa e che non sta pagando.
“Io non ci sto!” è una frase celebre che potrebbe risuonare forte e chiara alla Commissione europea anche da parte del ministro delle Imprese Adolfo Urso. La crisi europea dell’automobile, ma di tutto il comparto automotive, ha radici multifattoriali che come un veleno stanno letteralmente uccidendo l’industria e sono i numeri a parlare. Bosch ha annunciato 13.000 esuberi, il Gruppo Stellantis ha rallentato la produzione e si parla di cessione di Alfa Romeo e Maserati e anche in Germania, cuore dell’industria del Vecchio Continente, le cose non vanno meglio.
Volkswagen farà un passo indietro sull’elettrico e guarderà al futuro con grande preoccupazione. Già il numero 1 di Casa Stellantis, John Elkann, tempo fa a gran voce aveva manifestato i suoi dubbi sul Green Deal. La transizione elettrica non sta avendo i risultati sperati nei tempi previsti dalla Commissione europea.
L’Italia cambia approccio
L’industria italiana è al collasso, il tempo delle discussioni è finito, per questa ragione il ministro delle Imprese Adolfo Urso è volato a Bruxelles, con l’idea di fare chiarezza circa la posizione delle imprese italiane chiedendo di mantenere la neutralità tecnologica anche dopo il 2035, punto fondamentale che aprirebbe la strada alla possibilità di scelta ancora di auto a combustione interna, purché alimentate da carburanti alternativi come e-fuel e bio-fuel.
Inoltre, concentrare la produzione di batterie elettriche nel cuore dell’Europa, in modo tale da non creare dipendenza e assoggettamenti esterni alla Comunità europea. Ciò sarebbe possibile con la costituzione di un fondo europeo per la transizione che andrebbe con incentivi europei a sostenere start-up.
La transizione deve avvenire in Europa attraverso un principio di neutralità concentrando le forze nel nostro Continente. Diversamente si rischia di favorire la Cina o altri Paesi. Attestarsi su posizioni ideologiche rigide, alla fine dei conti, può arrecare danno a tutti i Paesi d’Europa. In questa delicata fase è necessario salvaguardare il lavoro, l’industria e investire nel Vecchio Continente.