Se mettiamo da parte le one-off c’è stata una piccola produzione di Ferrari che ha lasciato un segno indelebile negli appassionati.
Vi sono Ferrari che hanno scritto pagine indelebili, diventando delle icone del Made in Italy. Supercar che sono diventate il manifesto di una Italia che viaggiava a gonfie vele senza snaturarsi. Oggi persino la Casa modenese mira a gamme allargate con modelli elettrificati e SUV. Il mercato è cambiato, ma nell’immaginario collettivo il Cavallino rimarrà sempre sinonimo di sportività ed esclusività.
Lo scorso anno sono stati svelati altri due bolidi, ossia la 12Cilindri e la F80, una hypercar che parte da 3,6 milioni di euro, prodotta in appena 799 esemplari da ora sino alla fine del 2027, anno in cui il Cavallino festeggerà i suoi 80 anni di storia. Volgendo lo sguardo al passato, in pochi ricorderanno un modello che fece impazzire i collezionisti.
Parliamo di una concept car, realizzata in appena tre esemplari, dallo stile retrò. Stiamo parlando della Ferrari Testarossa Pininfarina Mythos, nota agli appassionati come Mythos. Si tratta di una barchetta realizzata in collaborazione con Pininfarina e presentata al Salone di Tokyo del 1989. Lunga 4.305 mm, larga 2.110 ed alta 1.065 mm, con un passo di 2.550 mm, divenne nota per la produzione di sole tre unità. Il peso era limitato a soli 1.250 kg, mentre lo stile fu curato da Pietro Camardella per Pininfarina.
Ferrari, le caratteristiche della Mythos
La Ferrari Mythos è stata prodotta sulla base dell’autotelaio della Testarossa, riprendendo anche il pianale. Sotto al cofano aveva un motore V12 da 390 cavalli, posto in posizione centrale, che garantiva prestazioni da sogno. Sul piano del design riprendeva le vetture degli anni Sessanta da competizione, con un look minimal racing. L’abitacolo era caratterizzato da sedili avvolgenti, con cinture di sicurezza a bretella incorporate.
Basilare anche la plancia con rivestimenti del tutto essenziali con il quadro strumenti in stile racing. La Ferrari Mythos non fu venduta a nessuno, ed era stata prodotta come esercizio di stile. Secondo alcune indiscrezioni, tuttavia, pare che il Sultano del Brunei possegga ben due dei tre esemplari prodotti, mentre l’altro viene conservato nello stabilimento di Cambiano, in provincia di Torino, sede della Pininfarina stessa.