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La Fiat Uno taglia un traguardo incredibile: ecco quale

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Chiara Rainis

Compleanno speciale per la Fiat Uno che spegne quaranta candeline. Il suo progettista Giugiaro svela un retroscena sconosciuto sulla presentazione.

Era gennaio 1983 quando a Cape Canaveral, in Florida, veniva presentata la Fiat Uno. Peccato che a saperlo erano tutti eccetto colui che la nuova nata del marchio torinese l’aveva disegnata. Ossia Giorgietto Gigiuaro. “Lo scoprì a giochi fatti“, ha raccontato a La Gazzetta dello Sport. “Ma io ero un esterno. E chi mi aveva incaricato del progetto non era più responsabile del settore auto“, la ricerca di una giustificazione per quella che fu una vera e propria gaffe.

Fiat Uno (AdobeStock)

E pensare che l’azienda aveva pensato ad una festa con i fiocchi, noleggiando addirittura un Boeing 747 Jumbo per permettere alla stampa di visitare il Kennedy Space Center.

A quel punto della carriera, l’oggi 84enne aveva già prodotto veicoli diventati poi storici. Dalla Panda nel 1980, alla Lancia Delta nel 1979, la Bmw M1 e la Audi 80 nel 1978, nonché diverse Volkswagen come la Passat nel 1973, la Scirocco e la Golf nel 1974.

Fu l’amministratore delegato Vittorio Ghidella a volerlo nelle vesti di freelance, mentre l’ingegnere Aldo Mantovani lo seguì da vicino nel suo lavoro. “Ci affidò il compito di concepire un’auto che, sull’onda dei successi del passato della Casa, potesse segnare l’inizio di una nuova era”, ha ricordato il designer.

Proprio per questo carattere di primizia, si optò per il nome, peculiare, Uno. “Creammo la vettura zero che si ispirava alla Isuzu Piazza. Un modello decisamente innovativo. Da lei prendemmo ad esempio le porte integrali che eliminavano il gocciolatoio a vista e i fruscii aerodinamici”, ha quindi rivelato.

Proprio tale novità conquisto Umberto Agnelli, ma fu osteggiata da parte del gruppo tecnico, preoccupato dei costi da affrontare. Alla fine arrivò il via libera. Con un’annessa una disdetta. Non essendo stata brevettata, l’idea fu successivamente copiata un po’ da tutti e nelle tasche dell’azienda piemontese non andò nulla.

La Fiat Uno entra negli anta. La ragione del suo successo

Dallo stile contenuto e sobrio, la Uno rappresenta perfettamente la filosofia di Giugiaro. “A mio avviso il successo sta nella semplicità“, ha enunciato quasi fosse un motto.

Le porte integrali, il lunotto verticale e il tetto allungato saranno le proposte più innovative di questo veicolo che, una volta sul mercato, venderà molto bene. Piccola e parcheggiabile ovunque, faceva della comodità il suo tratto principale. Ovvero esattamente il contrario di ciò che impongono attualmente i produttori che hanno deciso di bandire le piccole dimensioni.

“Nei miei progetti di vetture di serie dalla grandezza contenuta ho sempre cercato di ottenere il massimo effetto“, ha spiegato. “Partendo dal principio che i volumi vanno scomposti in modo efficace, provavo a rendere le forme tondeggianti. Adesso, invece, la tecnologia permette di ottenere soluzioni scultoree di grande efficacia“.

Le versioni prodotte saranno due, a tre e a cinque porte, quest’ultima dotata di una terza luce per incrementarne la luminosità. “Con la Uno, la Fiat espresse un livello di qualità prima carente. Erano scomparsi i giochi e le tolleranze macroscopiche negli accoppiamenti fra gli elementi di carrozzeria, e tra la medesima, i gruppi ottici e le superfici vetrate, così come nei rapporti fra parti mobili, porte, tetto e montanti. Ogni elemento risultava integrato in maniera organica e precisa“, ha tenuto ad evidenziare.

E per l’occasione il brand italiano utilizzò una linea produttiva all’avanguardia fornita dalla Comau, che le permise di completare nel solo 1987 ben 700.000 macchine. Sfruttando poi gli impianti sparsi tra Brasile, Sud Africa, India e Marocco, si toccheranno le 8,8 milioni di unità.

Numeri spaventosi che con la crisi contemporanea sembrano impossibili. Ma cosa è rimasto di quel periodo così florido? “L’orgoglio di aver costruito con un grande marchio un prodotto di larga diffusione e di grandissimo successo“, ha evidenziato l’ingegnere cuneese con molta soddisfazione. “Nonché l’opportunità di aver potuto fare quello che volevo grazie alle persone giuste incontrate sul percorso“.

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Chiara Rainis

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