Guardando indietro alla sua spettacolare carriera, Valentino Rossi può ricordare tante soddisfazioni, ma anche qualche piccolo rammarico
Di traguardi, di trionfi, di record, di obiettivi numerici Valentino Rossi, nel corso della sua splendida e impareggiabile carriera che si è conclusa solo lo scorso fine settimana con il Gran Premio di Valencia, ne ha ottenuti tantissimi.
Il suo palmares parla per lui: nove titoli mondiali, 432 Gran Premi disputati, 6357 punti ottenuti, 96 giri più veloci, 65 pole position, 235 podi. Ma c’è un primato, su tutti, che gli è sfuggito: quello dei 122 successi del mitico Giacomo Agostini, il pilota motociclistico più vincente nella storia.
Il Dottore si è fermato a quota 115, solo sette dall’asticella fissata dal campione bresciano. Se dobbiamo individuare un solo rimpianto nella carriera del fenomeno di Tavullia, per il resto così straordinaria, forse è proprio questo. E non solo perché il numero 46 ci è arrivato così vicino, ma anche perché è convinto che, tornando indietro, quando era più giovane avrebbe potuto vincere ancora di più.
“Non ho mai corso per i record”, confessa ai microfoni della rivista specializzata svizzera Speedweek. “Se ci avessi messo gli sforzi degli ultimi dieci anni, nei primi avrei vinto di più. Ma da giovane sei una testa di c***o e con l’esperienza impari di più”.
Ma dopotutto quello è solo un numero, che conta relativamente poco nel bilancio finale di una storia agonistica splendida come quella di Valentino Rossi. Ben più pesante è un rimpianto umano, quello di essere stato coinvolto nello schianto che costò la vita al suo amico e allievo Marco Simoncelli.
“Ricorderò per sempre il momento dopo l’incidente in Malesia come uno dei peggiori della mia vita”, racconta. “È uno di quei momenti in cui non sai cosa fare per continuare, una sensazione che non dimenticherò mai. Ma dopo è stato anche peggio, perché abbiamo perso un gran pilota che avrebbe potuto fare una grande carriera e grandi lotte con i migliori piloti, ma io ho perso un grande amico”.
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