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Formula 1

Ronnie Peterson, quarantatré anni fa il maledetto schianto fatale a Monza

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Oscar Slaifer

Era l’11 settembre del 1978 quando a Monza morì per un incidente al via Peterson, grande pilota ma mai davvero fortunato

Ronnie Peterson a Monaco nel 1976 (Foto Allsport UK /Allsport /Getty Images)

Una carriera più che dignitosa in F1 quella di Ronnie Peterson, protagonista negli anni Settanta nel Circus, che però trovò la morte a Monza in un tragico pomeriggio del ’78.

Peterson, un talento sfortunato

Esistono quei piloti che, pur non avendo mai conquistato il titolo, di fatto l’avrebbero ampiamente meritato. E tra questi c’è senz’altro Ronnie Peterson, vero mago della derapata e del controsterzo in un’epoca in cui le monoposto dovevano essere domate, più che guidate.

Nato ad Orebro in Svezia il 14 febbraio del 1944, figlio di un panettiere con la passione per le corse, cominciò subito a stupire tutti sin dai tempi del kart. Poi, passato in F3, ottenne eccellenti risultati e attirò le attenzioni della compagnia italiana Tecno, che lo mise sotto contratto nel 1968. Qui vinse il titolo, ripetendo il successo anche l’anno seguente.

Nel 1970 arrivò il debutto in F1 al volante della March, ma nella sua prima stagione non ottenne risultati. Rimasto nella scuderia britannica anche nei due anni successivi, giunse secondo nel 1971, grazie ad una serie di podi. Nel 1974, pur con una Lotus in difficoltà, Peterson riuscì a vincere 3 Gran Premi (Monaco, Francia e Italia). Ritornò alla March nel 1976, ma riuscì ad aggiudicarsi solo il Gran Premio d’Italia, quasi fosse un segno premonitore.

Passò alla Tyrrell dove ottenne scarsi risultati, prima di far ritorno alla Lotus nel 1978. Ma il rapporto con Colin Chapman non decollò mai. Fu relegato a seconda guida e alla fine, col peggiorare della situazione, decise di firmare con McLaren per la stagione successiva. E forse sarebbe stata finalmente la sua grande occasione. Ma a Monza, tutto si interruppe.

A Monza una partenza fatale

Era l’10 settembre del 1978, dopo pochi istanti dal semaforo verde la tragedia: il “via” era stato dato troppo presto e le vetture nelle ultime file non si erano ancora allineate. E questo generò un imbottigliamento alla prima curva. Uno scarto improvviso della McLaren di James Hunt (che si ritrovò chiuso tra Patrese e lo svedese) causò la carambola fatale.

Peterson si schiantò contro il muretto del collegamento con la pista junior e, dopo essere stata colpita dalla Surtees di Brambilla, la sua auto prese fuoco. I soccorsi furono lenti e caotici. Soltanto dopo ben 18 minuti arrivò l’ambulanza. Lo svedese fu estratto dalla vettura incidentata ancora vivo e cosciente, ma con sette fratture alla gamba sinistra e quattro alla gamba destra.

Venne trasportato all’ospedale Niguarda e ricoverato nel reparto di terapia intensiva. Fu poi sottoposto ad un intervento per ricostruirgli gli arti inferiori durato più di sei ore, ma la mattina seguente fu colpito da embolia lipidica che ne causò il decesso.

Ronnie Peterson (Foto Keystone Features/Getty Images)

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Oscar Slaifer

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