L’ex campione del mondo, oggi responsabile per la sicurezza, commenta il drammatico incidente accaduto a Jason Dupasquier al Mugello
“Una cosa come quella accaduta a Dupasquier purtroppo è inevitabile”. È una risposta lucida e obiettiva, ma per certi versi anche desolante, quella che Franco Uncini pone di fronte all’ennesimo dramma vissuto ieri dal paddock del Motomondiale, quello di Jason Dupasquier.
Il 19enne pilota svizzero è caduto nei minuti finali delle qualifiche della Moto3 al Mugello ed è stato travolto da due suoi concorrenti che sopraggiungevano, Ayumu Sasaki e Jeremy Alcoba. La dinamica più pericolosa che può avvenire in un Gran Premio di motociclismo.
E che nemmeno gli innegabili e applauditi sforzi profusi dalla Federazione motociclistica internazionale hanno potuto far nulla per impedire. Lo sottolinea, appunto, Uncini, già campione del mondo di classe 500 nel 1982 e oggi responsabile federale della sicurezza. Questo rischio, purtroppo, fa parte integrante delle gare di due ruote, e tutti gli addetti ai lavori devono farne i conti.
“È un tipo di incidente che è sempre lo stesso, da anni, al quale non sappiamo come porre rimedio”, ammette ai microfoni della Gazzetta dello Sport. “Il che non significa che abbassiamo la guardia, perché la ricerca continua. La necessità di provare altre strade ci spinge a continuare a cercare un rimedio, una via di salvezza anche per dinamiche di investimento come quella di cui è rimasto vittima Jason. Però al momento non abbiamo niente per riuscire ad evitarlo”.
Una delle prime reazioni è stata quella di rivoluzionare le qualifiche, avanzando la proposta di una Superpole: una formula in cui i piloti scendano in pista uno dopo l’altro, da soli, alla ricerca del tempo. Ma Uncini la boccia, invitando tutti a non farsi trascinare dall’emotività del momento: “Non inventiamo sempre cose strane ogni volta che succede qualcosa”, chiosa. “Non credo che sia questo il problema”.
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