“Quando osservi come Max si comporta in pista, non penseresti mai che abbia solo ventidue anni. Durante un weekend di gara è una figura leader all’interno della squadra, e questo conferma che non è tanto l’età anagrafica a fare la differenza, quanto il tempo da cui si svolge un’attività”, ha analizzato nel podcast di Motor Sport Magazine.
In pratica, l’essere stato messo su un kart poco più che neonato, avrebbe trasformato Mad Max in una specie di macchina da guerra.
“Quando Kimi arrivò da noi a Woking era un novellino”, il paragone con l’allora 21enne finlandese, oggi a 40 anni suonati ancora in griglia. “Non era in grado di guidare un team, né di essere il numero uno indiscusso. Solo nel 2005 è diventato un leader e ciò nonostante non ha mai avuto l’impatto del driver cresciuto a Bree”, ha concluso il 61enne con una considerazione che fa ben comprendere come tutto nella scuderia energetica ruoti attorno alla figura del figlio d’arte.
Chiara Rainis