La Ducati domina la scena la MotoGP, ed uno dei volti nuovi di casa Yamaha sottolinea un aspetto chiave nel successo della Rossa.
Un’altra stagione di MotoGP si è conclusa, ancora una volta nel segno della dittatura Ducati e delle italiane in generale. Per chi non lo avesse notato, solo i brand nostrani hanno vinto nel 2024, sia in termini di Sprint Race che di gare domenicali, con l’Aprilia che, imponendosi ad Austin con Maverick Vinales, ha impedito che la casa di Borgo Panigale vincesse ogni singolo GP. Ovviamente, le giapponesi, Honda e Yamaha, sono state nuovamente a guardare, e per entrambe è stata un’annata storica, da un punto di vista chiaramente negativo.
Entrambe le ex dominatrici della MotoGP non hanno mai chiuso sul podio, una roba impensabile sino a pochi anni fa, ma la top class di oggi ci ha insegnato che il comando delle operazioni è ormai passato nelle mani delle case europee. La Ducati è un punto di riferimento che pare essere divenuto ormai irraggiungibile, mentre le giapponesi sono costrette a remare. A capo del reparto tecnico Yamaha c’è un italiano, che sta provando a riportare il colosso del Sol Levante sulla retta via.
La Yamaha sta tentando, passo dopo passo, di riavvicinarsi alla concorrenza delle europee, ed in un’intervista concessa ai microfoni di “MowMag“, è stato il nuovo direttore tecnico Massimo Bartolini a raccontare le nuove metodologie di lavoro. Si tratta del primo direttore tecnico italiano nella storia della casa di Iwata, che spera di aver trovato un altro Gigi Dall’Igna. A tal proposito, Bartolini ha sottolineato uno dei grandi vantaggi della Ducati rispetto alle rivali, che al giorno d’oggi si fa sentire e non poco.
Ecco le sue parole: “Se hai quattro moto per progredire ci vuole un anno, se ne hai due ce ne vorranno due. Ora stiamo lavorando su un motore 4 cilindri a V, e stiamo provando a lavorare in maniera diversa. I giapponesi vengono a Milano più spesso rispetto a prima, ed anche noi andiamo di frequente in Giappone, in modo da impegnarci di più insieme. Di certo, non è facile avere un reparto corse diviso su due lati del mondo, quando Gigi Dall’Igna è arrivato in Ducati aveva tutto in due chilometri quadrati, noi siamo a 10.000 km di distanza. Ci serve più tempo, ma ci stiamo arrivando“.
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