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Navigatore auto, quando è nato? Ecco come funzionava all’inizio

Published by
Chiara Rainis

Chi crede che il navigatore sia un’invenzione recentissima si sbaglia. Secondo un’indagine che arriva dall’Inghilterra la storia è diversa.

Chi l’ha detto che il navigatore satellitare che ci permette di risparmiare tanto tempo quando siamo in macchina e non conosciamo la strada esatta per recarci alla nostra destinazione, sia un’invenzione dei nostri giorni? In realtà, come dimostrato da un approfondimento fatto dalla BBC, l’ausilio per gli automobilisti aveva già fatto la sua comparsa negli anni ’70. Per la precisione nel 1971.

Navigatore (AdobeStock)

Nelle immagini si vede un uomo abbigliato in maniera elegante che, a bordo di un Maggiolino Volkswagen, si muove tra le ampie strade britanniche. Mentre guida una voce gli impartisce delle indicazioni sulla direzione da prendere, agevolando tutte le sue azioni, come l’incolonnamento prima di una svolta. Ma chi è che parla?

Intanto è bene dire che non ci stiamo riferendo ad un navigatore satellitare. Questo perché per vedere in attività il Global Positioning System, meglio conosciuto come GPS, bisognerà attendere il 1993. Va poi aggiunto che fino al 2000 il sistema verrà utilizzato soltanto dalle forze armate a stelle e strisce.

Navigatore auto, ecco quando è nato davvero

Dunque, tornando alla domanda di prima, chi è che “dettava le note” all’inglese in abitacolo? La risposta è un sistema basato su audiocassette a nastro magnetico, inventate dalla Philips nel 1963, e su un controller connesso al lettore di cassette e al contachilometri del veicolo.

Considerato il livello della tecnologia per quell’epoca era qualcosa di geniale. In pratica le cassette riproducevano istruzioni pre-registrate. I tempi di ciascun annuncio, erano invece dettati dal controller il quale dava l’input al lettore nel momento esatto, grazie al collegamento con il contachilometri.

Questo era possibile per la presenza di un cordino flessibile metallico legato con gli ingranaggi all’uscita del cambio. Tale cordino ruotava in maniera proporzionale all’uscita delle ruote, di cui era nota la circonferenza.

A quel punto la distanza percorsa si otteneva con una semplice operazione matematica, ovvero moltiplicando i giri delle ruote per la loro circonferenza. Genericamente, una gomma 225/55 R17 sviluppa più o meno due metri, di conseguenza, per percorrere un chilometro avrà bisogna di compiere 500 giri. Il contachilometri è essenzialmente un contatore delle tornate delle ruote, per cui la connessione al controller aveva il compito di comunicargli la distanza percorsa.

Il sistema, conoscendo la lunghezza del percorso, faceva partire l’istruzione nel punto giusto diffondendolo attraverso gli altoparlanti della vettura. Curva dopo curva, il processo andava avanti così, e poteva essere applicato ad altre macchine attraverso delle schede a circuito stampato da inserire in un alloggiamento.

Pur essendo ingegnoso, questo metodo non poteva essere utilizzato per qualunque percorso, in quanto ogni tratto aveva bisogno di una sua specifica cassetta, di conseguenza anche se gli spostamenti erano brevi occorreva acquistare numerosi nastri.

Inoltre, la mancanza di un posizionamento satellitare rendeva inutile lo strumento qualora sulla strada ci si fosse imbattuti in una deviazione, magari a causa di un cantiere. In quel frangente partiva il “guided mistery tour”, non una vera e propria alternativa, ma soltanto una serie di indicazioni random, a cui l’autore del filmato fa riferimento negli ultimi minuti, mostrando l’esito, decisamente negativo, della navigazione.

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Chiara Rainis

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