In una F1 compassata, in cui ogni parola è studiata a tavolino, le reazioni di Bottas e Russell a Imola fanno ben sperare.
L’incidente che ha visto protagonisti Valtteri Bottas e George Russell a metà GP dell’Emilia Romagna ci ha raccontato due cose: la prima riguarda la sicurezza delle macchine. Nonostante l’impatto ad alta velocità e una quantità notevole di detriti volati ovunque, entrambi i piloti sono usciti senza neppure un graffio da quel Tamburello che nel 1994 fece terminare l’esistenza mortale di Ayrton Senna dando vita alla sua leggenda. La seconda invece ha a che fare con l’aspetto più umano.
In un Circus in cui la diplomazia regna sovrana, i discorsi sono costruiti ad arte da abili addetti stampa e i gesti sono da bon ton, il driver Mercedes e quello della Williams ci hanno regalato un lampo di istintualità.
I più politicamente corretti e perbenino si saranno magari scandalizzati stigmatizzando l’accaduto, ma a noi, amanti delle corse dell’epoca d’oro in cui da una collisione in pista poteva nascere una rissa in pit lane, la scena è piaciuta. Se non altro perché naturale, non studiata e soprattutto condivisibile.
Se per qualcuno la colpa è stata del #77 che ha chiuso, mentre per altri il biasimo dovrebbe essere attribuito al #63, che sull’ultimo ha cambiato traiettoria, una cosa mette tutti d’accordo. Il dito medio del finnico ha avuto ragion d’essere e lo sfogo via radio culminato con lo schiaffetto dato al casco dell’avversario del britannico altrettanto.
In una F1 ormai da troppo tempo ingessata, certi fugaci frangenti di frustrazione sono quasi una manna. E pazienza se poi, forse dopo aver riguardato le immagini, il mite inglese ha rivisto la propria posizione tirando fuori un più diplomatico 50 e 50 di torto, ma l’aver assistito ad un banalissimo sbotto, ci fa credere che è ancora possibile per la classe regina uscire da quella sindrome di asetticità da cui da tempo è colpita.
Chiara Rainis
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