Pronto per ricominciare il percorso automobilistico interrotto il 31 agosto 2019, Correa ricorda il tragico incidente con Hubert.
Quei momenti li porterà con sé per sempre. Un po’ perché un suo collega e amico Anthoine Hubert se n’è andato per sempre e un po’ perché lui stesso ha rischiato di morire. Ad appena 21 anni Juan Manuel Correa ha già saggiato il calice amaro del motorsport, quello del pericolo, quello che non lascia scampo, lontano dai duelli ruota ruota e dal dolce sapore dello champagne sul podio. Nell’anno e mezzo trascorso dal terrificante crash di Spa sarà certamente cresciuto e maturato più che in precedenza, poiché si sa, il male, se vissuto da giovani fa diventare immediatamente grandi.
In certi momenti dato per spacciato e fino a poco tempo fa su una sedia a rotelle, il driver di Quito si appresta a tornare a competere al volante di una monoposto. Un vero miracolo, o poco ci manca. Non più nella F2, bensì un gradino più indietro, ma ciò che conta è avercela fatta.
“Tutto è stato possibile grazie al durissimo lavoro di riabilitazione che ho compiuto. Ho sempre avuto come obiettivo quello di tornare a correre in auto il prima possibile”, ha dichiarato a Motorsport.com. “Sono orgoglioso di esserci riuscito. L’ho fatto per me, ma anche per Anthoine e per chiudere un capitolo”.
Come detto quella dell’ex Sauber Junior Team è stata una vera e propria battaglia con un esito non scontato vissuta prima dal letto dell’ospedale e poi da casa.
“Il primo obiettivo quando ero ricoverato era quello di sopravvivere”, ricorda. “Successivamente è stato salvare la gamba. Ho riportato dei danni permanenti che avrebbero potuto mettere la parola fine alla mia carriera. Tutti pensavano che non sarei mai più tornato in auto”.
Il suo amore per le corse però è stato più forte di qualunque impedimento ed ostacolo. Un esempio di forza morale che gli ha consentito di ribaltare i pronostici sfavorevoli.
“In pochi secondi il mio mondo è cambiato completamente. Dovevo trovare una motivazione per superare quanto successo e sebbene mi dicessero che ero pazzo, non ho mai dato peso alle loro parole negative”, ha concluso il pilota ART Grand Prix.
Chiara Rainis
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