Il paddock e i tifosi della F1 festeggiano il compleanno di Raikkonen. Nel bene o nel male il pilota Alfa rimane uno dei più carismatici della serie.
Tutto scorre, avrebbe detto Eraclito. E di acqua da quando Kimi Raikkonen ha debuttato nel Circus nel 2001 ne è scorsa parecchia. Tante cose sono cambiate da allora. La serie è passata attraverso cambi regolamentari, dai motori V10, ai V8, fino ai V6 ibridi di adesso. Diversi campioni si sono avvicendati, tanti piloti si sono ritirati, ma lui Iceman, è rimasto una costante. Uguale, forse soltanto più serio e meno festaiolo.
“A differenza di molti altri, non ha mai modificato il suo carattere. E’ diretto e brutalmente onesto. Questo lo rende speciale”, ha riassunto l’essenza del finnico il direttore tecnico dell’Alfa Romeo Beat Zehnder, testimone oculare di una lunga e brillante carriera come quella del #7 avendolo praticamente accolto giovanissimo alla Sauber.
Proiettato verso una conferma nel 2021 al fianco di Mick Schumacher, che la Ferrari vuole a tutti i costi in F1, il biondo di Espoo continua ad emozionare. Anche oggi, su una C39 decisamente poco competitiva che lo costringe a lottare nelle retrovie, non demorde e quando può mostra i denti, non lesinando in battaglie con le giovani generazioni. Ultimo superstite di un automobilismo combattuto e spettacola che non c’è più, l’Uomo di Ghiaccio diverte e si diverte, un esempio lo ha dato la scorsa settimana quando ha fatto spaventare a morte il suo compagno di squadra Giovnazzi, suo passeggero sulla vecchia Nordschleife.
41 anni e non sentirli. E’ proprio la frase giusta per Raikkonen. Basta guardare lo schieramento attuale e parlare con i talenti emergenti che come mentalità paiono i suoi nonni. Ingessati, poco spontanei, imboccati dagli addetti stampa e lontani anni luce dagli eroi un tempo celebrati.
Chiara Rainis
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